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Crostata al cacao e mandorle con ganache cotta e lamponi

La crostata in foto ritrae, per la verità, una versione ridotta (13 cm di diametro) di questa crostata. Corrisponde a poco più di metà della torta che si ottiene con le dosi che indico qui sotto, ma, dato che la sua bontà è notevole, non sarà difficile 'spazzolare' una crostata più grande, circa 22 cm di diametro. La sua bontà, che ha fatto la gioia della mia amica farmacista e del suo compagno, deriva dal fatto che unisce una frolla alle mandorle e cacao con un ripieno in 'crescendo' dal basso verso l'alto: strato di marmellata di arance, strato di ganache al cioccolato fondente, in cui affondano mandorle tritate tostate, e sbriciolata della stessa frolla 'schizzata' di ganache.   La semplice decorazione fatta con i lamponi non ha solo una ragione estetica. La loro acidità contrasta meravigliosamente con la dolcezza di questa torta. Io li ho lucidati con la gelatina spray all'agar agar, reperibile fra i prodotti da pasticceria, ma non starebbero male co
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Armelette o lasagne bastarde della Lunigiana ai funghi porcini

L'autunno tarda ad arrivare, ma in montagna si trovano già funghi e castagne . È proprio a loro che l'Italia nel piatto dedica questo mese di ottobre. Per la Toscana ho preparato un primo piatto utilizzando la farina di castagne DOP della Lunigiana e i funghi porcini dei boschi dell'Appennino toscano . La farina, per la verità, era nel mio frigorifero dall'inverno scorso, perché ancora non si trova. Il metodo di produzione prevede tempi molto lunghi, dal 29 settembre al 30 gennaio, giorno entro il quale le castagne devono essere macinate. Le fasi sono: raccolta, selezione, essiccazione nei gradili (strutture in pietra, calce e sabbia) per 25 giorni a fuoco lento con legna di castagno, mondatura, ventilazione, eliminazione a mano di parti impure e infine trasporto nei mulini dove vengono macinate con macine in pietra. Con questa farina di castagne intensamente profumata e vellutata ho preparato le armelette, dette anche lasagne bastarde . Se chiedete a un toscano non l

Corolli rosa, i biscotti della sposa

Ottobre in rosa per la prevenzione del tumore al seno Benvenuto ottobre! Siamo giunti al mese che si tinge dei colori d'autunno, con le sue tonalità calde del marrone, del giallo, del rosso e dell'arancione. Ma L'Italia nel piatto in ottobre non dimentica il rosa, presentando varie ricette ispirate a questo colore. Perché il rosa? Perché ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno , raccomandata e praticata da tante organizzazioni sanitarie che hanno assunto come simbolo di questa 'buona pratica' un nastro rosa . In tutto il mondo ottobre, per così dire, 'si tinge di rosa' per sensibilizzare le donne sull' importanza della prevenzione nella lotta al tumore al seno. Prevenzione significa autopalpazione, screening per la diagnosi precoce (mammografia, ecografia) e attenzione agli stili di vita. Nella regione dove abito, la Toscana, lo screening mammografico, completamente gratuito, fin dagli anni '90 è stato rivolto alle donne fra

Zuppa ripiena del Casentino

Una zuppa del Casentino Ebbene sì, zuppa ripiena. Un po' strana come dicitura, vero? Ma si spiega bene anche solo guardandola. È una z uppa di pane, pomodori e odori, che al centro racchiude fegatini di pollo cotti con aglio, olio e salvia, rivestita da uova sbattute e parmigiano, e gratinata in forno . La ricetta proviene dal Casentino, la più settentrionale fra le quattro vallate della provincia di Arezzo , attraversata dal corso superiore dell'Arno che nasce dal Monte Falterona, situato all'estremità nord della vallata, al confine con la Romagna. L'Alto Casentino è coperto da grandi foreste ( Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ), il fondovalle invece, Basso Casentino, è collinare. Forse fu proprio per via dell'ambiente così suggestivo e tranquillo che San Francesco d'Assisi scelse la località La Verna sul Monte Penna come luogo di preghiera e San Romualdo fondò a Camaldoli, nel cuore delle foreste casentinesi, il suo Eremo. Contro lo spreco alimentare

Parmigiana di melanzane

Parmigiana di melanzana o melanzane alla parmigiana? Sembra ormai appurato che Parma e i parmigiani non abbiano nulla a che fare col nome di questo piatto, diventato ormai quasi nazionale, anche se di origine meridionale. Secondo alcuni parmigiana sarebbe infatti evoluzione della voce siciliana parmiciana, cioè l'insieme dei listelli di legno che formano la persiana, perché anche le fette di melanzane nella parmigiana sono leggermente sovrapposte. Questa ipotesi è esclusa dallo storico Massimo Montanari, che invece ha rintracciato il termine parmigiana in ricettari del '300 e '400, con il significato di preparazione a strati e con riferimento a tortini a forma di scudo (parma in latino), composti da vari ingredienti, anche diversi dalla melanzana. Parmigiana sarebbe dunque un sostantivo, perciò è preferibile usare, come nome del piatto, parmigiana di melanzane. Il parmigiano comunque è un formaggio imprescindibile nelle ricette di parmigiana del centro-nord, mentre al sud

Torta di pepe di Camaiore o torta coi pizzi

In un'area della Toscana nord-occidentale, fra le Alpi Apuane e il Valdarno pisano, esistono ben tre modi di chiamare le decorazioni più o meno triangolari che svettano dalle loro torte o crostate, salate e/o dolci, quasi fossero una corona.  A Camaiore , 30 km a nord di Lucca, sono i pizzi , a Lucca si chiamano becchi , a Pisa , 20 km a sud di Lucca, diventano bischeri . Per quanto riguarda Pisa, ho già pubblicato in questo blog la torta co' bischeri , che è una crostata dolce con ripieno di cioccolato, riso, canditi, uvetta e pinoli; a Lucca la torta coi becchi invece è simultaneamente dolce e salata, con la sua pasta frolla e un ripieno di bietole, canditi, uvetta, pinoli e spezie (talvolta anche riso e/o pane ammollato); a Camaiore la torta coi pizzi , che vedete qui in foto, è una torta salata con ripieno di riso, ricotta, bietole, parmigiano e/o pecorino e tantissimo pepe, da cui prende anche l'altro nome, torta di pepe . Ho scelto questa torta coi pizzi o torta di

Bringoli di farina di grano Verna al sugo finto

L'Italia nel piatto dedica il mese di giugno agli ingredienti regionali che hanno corso il rischio di scomparire per sempre, nonché alle varietà autoctone di cereali, frutta, verdura e legumi. Per la Toscana ho scelto un'antica varietà di frumento, il grano Verna , da cui si ottiene l'omonima farina. Ho utilizzato la farina Verna per i bringoli , un tipo di pasta fatta a mano simile ai pici senesi (vedi qui ), tipica dell'aretino, in particolare dell'alta Val Tiberina, che occupa l'estremo angolo orientale della Toscana incuneato fra Romagna, Marche e Umbria e attraversato dal Tevere. Foto tratta da https://tuttatoscana.net/2019/01/31/arezzo-e-la-valtiberina/ Non a caso i bringoli si trovano anche nella confinante Umbria, dove però possono assumere il nome di brigonzoli (a Lisciano Niccone, Perugia). Strana parola bringolo . A me, che sono toscana e vivo da sempre in questa regione ma in zone ben lontane dalla Valtiberina, suona come molto simile a brandell

Tzatziki

  Lo tzatziki è un condimento al cetriolo (tritato) e allo yogurt (compatto) che viene aromatizzato con l'aneto in Grecia e con la menta in Egitto. Proprio in Egitto l'ho assaggiato per la prima volta, circa 50 anni fa, in un ristorante del Cairo, Filfila. Faceva parte delle mezè, gli antipasti tipici di tutto il medioriente, la Grecia e la Turchia. Si sposava divinamente con il pane arabo, le falafel (ta'amia in Egitto), la kofta, il ful, insieme agli altri condimenti, l'hummus, la baba ganoush e la salsa tahina.  Prima o poi li pubblicherò tutti nel blog. Inizio dallo tzatziki perché stamani mi sono accorta di avere gli ingredienti necessari e in una giornata calduccia come oggi – quasi un accenno d'estate – qualcosa di fresco ci stava bene. Tzatziki è il nome greco. Deriva dal turco cacık, una salsina molto simile, caratterizzata, a volte, dall'aggiunta di scorza di limone, dove i cetrioli sono tagliati a fettine sottili. Se nel mondo ottomano, greco ed egiz

Crema fiorentina al miele di castagno con crumble al polline, ‘favo’ alla pappa reale e ‘ape’ al cacao

Se un giorno le api dovessero scomparire, all'uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita (Albert Einstein)   Senza le api e senza gli altri insetti impollinatori non esisterebbe impollinazione, senza impollinazione non esisterebbero piante e frutti. Ho voluto dare importanza all'ape inserendo in questo dessert un' ape  realizzata con una tuile al cacao traforata. L'ape operosa meritava tutta la pazienza, l'accortezza e la delicatezza che le ho dedicato per estrarla dall’apposito stampo in silicone (vedi foto dopo la ricetta). Anche la tuile che allude all'esagono del favo è fatta con lo stesso sistema. L'ape vive poco più di un mese, visitando almeno un migliaio di fiori e producendo quasi un cucchiaino di miele. Per fare 1 kg di miele è necessario il nettare di un milione di fiori, quindi almeno un migliaio di api . Purtroppo molti fattori concorrono a minacciare la vita di questi insetti impollinatori: l'impiego di pesticidi ed erbicidi, i dan