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Visualizzazione dei post da 2021

Ravioli di polenta farciti di ricotta e cavolo nero al sugo di guancia

  L'idea di questi ravioli fatti con un impasto poco comune mi è venuta pensando ai 'suricitti', gli gnocchetti marchigiani confezionati con lo stesso impasto di polenta cotta e farina, su cui ho scritto un post qualche anno fa (vedi qui ). Sono facilissimi da fare anche da parte di chi non sa impastare o non ha abbastanza forza o tempo per il classico impasto di farina con acqua o uova. Basta un minuto per amalgamare i due ingredienti. Non sono necessari i classici 15/20 minuti. Se l'impasto vi sembra troppo morbido o appiccicoso e non riuscite a formare i ravioli, basta aggiungere un po' di farina e il gioco è fatto. Dovrete solo cuocerli qualche minuto di più. Fra l'altro sono un ottimo espediente per utilizzare la polenta avanzata. Quanto al ripieno, ho optato per il cavolo nero, perché... anche questo era un avanzo. In dicembre il cavolo nero ha già preso abbastanza freddo o addirittura ghiaccio notturno, cosa che lo rende più saporito. Il condimento che ho

Sformato di cardi

  «Un contorno per Natale» è il tema dell'Italia nel piatto per il mese di dicembre, un tema che mi ha subito richiamato alla memoria la frase che qualcuno dei miei familiari, al momento di sparecchiare per passare alla frutta o ai dolci natalizi, immancabilmente pronuncia con una punta di rammarico, non so quanto sincero: «Uh, ci siamo dimenticati dell'insalata!». In effetti l'insalata mista di lattuga, radicchio, carote e ravanelli è sempre stata fra le preparazioni previste per il nostro pranzo di Natale, ma anche fra le più miseramente neglette. È vero che l'insalata, come si dice in Toscana, 'disunge', cioè sgrassa, libera il nostro organismo (pia illusione!) dall'unto dell’arrosto di carni e patate o contrasta l'olio usato per fare la maionese che accompagna il cappone lesso, ma dimenticarla in cucina o sul carrello è un attimo, quando ormai la precedenza è stata data agli sformati di verdura e nessuno ha più un posticino libero nello stomaco se no

Torta di farro della Garfagnana

  Per il mese di novembre l'Italia nel piatto ha scelto come tema i cereali e per la Toscana ho deciso di preparare una ricetta con il farro IGP della Garfagnana . Cereale è una parola antica, rimasta immutata nel tempo. Cerealis in latino significa appartenente o dedicato a Cerere , dea della terra, della fertilità, dei raccolti. Questa divinità, che si credeva avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi, era rappresentata con una corona di spighe sul capo e un canestro pieno di grano e frutti della terra.  Cereale non è un termine botanico, ma è una denominazione letteraria, storica, agronomica e merceologica di varie piante erbacee, non solo le graminacee, ma anche le poligonacee (come il grano saraceno), dai cui frutti, macinati, si ottiene farina. Tuttavia esiste una distinzione fra i veri cereali (frumento, riso, granturco, orzo, avena, farro ecc.) e gli pseudo-cereali (grano saraceno, quinoa, amaranto, ecc.). In Toscana, fra i cereali prodotti, al primo po

Baccalà montebianco con bastoncini fritti di farina di ceci

Del "Baccalà montebianco" , ricetta di Pellegrino Artusi , ho già parlato in un post di tre anni fa (vedi qui ). L'Artusi fa notare che in realtà il baccalà così trattato dovrebbe essere chiamato montegiallo perché l'olio gli fa cambiare colore. Questa volta ho trovato un espediente per mantenere il colore originario: sostituire l'olio extravergine di oliva con l'olio di cocco, che ovviamente viene venduto dopo un trattamento che gli toglie sapore e odore. Alludendo alla ben nota ricetta tradizionale "baccalà e ceci", ho circondato il cono di 'brandade' di baccalà con bastoncini fritti , aromatizzati al cumino , fatti con farina di ceci e una piccola parte di farina integrale che conferisce un po' di struttura. Il contrasto fra caldo e freddo e fra croccante e morbido sarà una delizia per il palato. INGREDIENTI  500 g di baccalà ammollato (da cui ricavare circa 340 g pulito di lische, nervetti e pelle) 1 dl di latte intero o panna Olio d

Pane fritto toscano

    Il pane tra usanze e tradizioni storiche . Questo è il tema che L'Italia nel piatto dedica al mese di ottobre. La Toscana è nota per il suo pane 'sciocco' o 'sciapo', che si presenta con qualche variazione nella forma, nei tempi di lievitazione, nel tipo di lievito o di farina a seconda delle varie province toscane. Il pane toscano DOP , tuttavia, deve sottostare a un preciso disciplinare (vedi qui ) ed essere contrassegnato da un apposito bollino. Sono state date varie motivazioni storiche di questa mancanza di sale che accomuna il pane toscano ai pani di un'esigua fascia del centro Italia (dalla Toscana, a parte dell'Umbria fino alle Marche): le guerre del sale, le tasse altissime sul sale, il blocco del sale operato da Pisa nei confronti della rivale Firenze, tutte smentite da un articolo del 2011 (vedi qui ) che lascia comunque la questione senza spiegazione. Una certezza è la notevole antichità del pane sciocco, se pensiamo alle parole

Testaroli al pesto

È difficile definire i testaroli . C'è chi sostiene che siano un antico pane azimo, chi ne parla come antenati della pasta, chi li avvicina a una crespella. Ma nessuna di queste definizioni rende l'idea. Il testarolo viene fatto con tre soli ingredienti, farina di grano, acqua e sale, mescolati fino a ottenere una sorta di pastella che viene spalmata in un testo, un recipiente circolare di ghisa di circa 40 cm di diametro (il sottano), collocato sulla brace ardente e coperto con un altro testo (il soprano) arroventato dalla brace. Il disco ottenuto, morbido e poroso, viene poi tagliato in pezzi, che si immergono 30 secondi in acqua bollente 'ferma' e si condiscono, di norma, con un pesto di basilico. In origine il testo era di terracotta, il che spiega il nome testarolo, dal latino testa , che indicava ogni specie di oggetto in terracotta, ma anche i cocci stessi di una terracotta in frantumi (di qui il Mons Testaceus , il Testaccio, la collinetta artificiale r

Sugo di carne con i fegatini

Il ragù è il condimento italiano per eccellenza della pasta, soprattutto quella fatta in casa. Gli ingredienti possono variare da regione a regione; le mille sfumature dipendono sia dalla varietà dei prodotti locali, sia dalle consolidate tradizioni familiari. La carne, macinata o a pezzi o in un pezzo intero, non manca mai, a meno che si decida di creare un ragù di pesce. Altro ingrediente fondamentale è il pomodoro, tant’è che, se non si usa, il ragù si dice bianco o in bianco. Caratteristica immancabile è la lunga e lenta cottura.  Il termine francese ragoût, che fin dal Rinascimento indicava in Francia uno stufato di carne simile a uno spezzatino, è entrato in Italia nell’Ottocento, ma ha avuto uno stop nel secolo successivo durante il ventennio fascista, quando fu imposta la proibizione dei termini stranieri. Si tentò di italianizzarlo in ragutto, ma questa strana parola, com’è comprensibile, non ebbe successo. Solo nel dopoguerra prese piede la grafia ragù, che designò soprattutt

Biscotti intrecciati alla ricotta, senza uova, burro o olio

  Questi biscotti da inzuppo sono un ibrido fra i biscotti di ricotta con confettura (di forma circolare con confettura al centro), che ho trovato nel sito PTT Ricette, e le intorchiate o intorcinate pugliesi. Per gli ingredienti dell'impasto ho preso spunto dai primi, per la forma dalle seconde. Nell'impasto ho usato ricotta (quasi asciutta!), farina, zucchero, lievito per dolci e vaniglia (non la scorza di limone come nella ricetta di PTT), senza uova, senza burro e senza olio, perciò un impasto completamente diverso dalle intorchiate, che non prevede ricotta, ma vino e olio. Nell'intreccio ho inserito le mandorle come nelle intorchiate. Il risultato è un biscottone mille usi, dalla colazione al dopo cena, che ben si accompagna a latte, tè, caffè e vini liquorosi. Scrivo la quantità degli ingredienti che ho usato, ma credo che la prossima volta userò circa 30 g in meno di zucchero o addirittura la stevia. INGREDIENTI per 16/17 biscotti 200 g di ricotta (scolata completam

Merluzzo alla mugnaia su salicornia e polentina ai funghi secchi

  E se estate e inverno si incontrassero in cucina? Pesce e polenta, per esempio. Polenta a luglio? Si può fare. Se il clima è così fresco come in queste giornate che fanno seguito a un temporale o, meglio, a una specie di diluvio, ne possiamo preparare una piccola quantità che fa da base al pesce, in questo caso il merluzzo. È una polentina morbida, arricchita dai funghi secchi, che contrastano piacevolmente col sapore salino della salicornia. Per me è stata un'ottima soluzione per non buttare un avanzo di farina di mais rimasto in fondo a un sacchetto. Non avevo il baccalà, ma il merluzzo fresco. Cotto alla mugnaia come una sogliola, ha svolto egregiamente la sua parte di ingrediente predominante. Alla fine, con qualche tocco di verde e magenta, è risultato un piatto piacevole da vedere prima che da gustare, adatto all'estate nonostante la polentina. Vi do le dosi per una sola persona, che ovviamente potrete moltiplicare per quanti sono i vostri commensali. INGREDIENTI per 1

Fettunta e dintorni

"La bruschetta d'estate" è il tema per luglio del l'Italia nel piatto . Tutti gli Italiani, e anche molti stranieri, sanno che cos'è una bruschetta, ma in origine questa parola si usava solo nei territori laziali e abruzzesi (e forse anche marchigiani), finché si diffuse nelle altre regioni, grazie alla moda dei fast food, happy hour, aperitivi e apericene. La bruschetta ha conquistato l'Italia, anche là dove esistevano già altre denominazioni, come in Toscana: fettunta , pane unto, panunto, salunta, crogiantina, crostini e crostoni. Devo dire però che in Toscana, soprattutto nel fiorentino, le persone anziane tengono molto alle vecchie tradizioni e difficilmente usano il termine bruschetta. Comunque, se oggi decidiamo di fare delle bruschette, sappiamo benissimo che prepareremo qualcosa che ci stuzzicherà l'appetito. Invece un secolo e mezzo fa voleva dire tutt'altra cosa. Nei dizionari dell'800, ma anche fino agli anni '60 del '900, l