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Torta di farro della Garfagnana

 

Per il mese di novembre l'Italia nel piatto ha scelto come tema i cereali e per la Toscana ho deciso di preparare una ricetta con il farro IGP della Garfagnana. Cereale è una parola antica, rimasta immutata nel tempo. Cerealis in latino significa appartenente o dedicato a Cerere, dea della terra, della fertilità, dei raccolti. Questa divinità, che si credeva avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi, era rappresentata con una corona di spighe sul capo e un canestro pieno di grano e frutti della terra. 

Cereale non è un termine botanico, ma è una denominazione letteraria, storica, agronomica e merceologica di varie piante erbacee, non solo le graminacee, ma anche le poligonacee (come il grano saraceno), dai cui frutti, macinati, si ottiene farina. Tuttavia esiste una distinzione fra i veri cereali (frumento, riso, granturco, orzo, avena, farro ecc.) e gli pseudo-cereali (grano saraceno, quinoa, amaranto, ecc.). In Toscana, fra i cereali prodotti, al primo posto c'è il grano duro, seguono grano tenero, orzo, mais, avena, sorgo, riso e segale. 

Il farro ha una produzione limitatissima. Eppure è uno dei cereali più antichi, tant'è che in latino far, da cui deriva la parola farina, è il grano spelta (Triticum spelta), detto anche granfarro o farro spelta, antenato del grano tenero (Triticum aestivum o vulgare), frutto di incroci o perfino di ingegneria genetica. Il tipo di farro che venne utilizzato come nutrimento umano fin dal Neolitico è il farro piccolo (Triticum monococcum), in cui ogni spighetta ha una singola cariosside. Seguì la coltivazione del farro medio (Triticum dicoccum), con due o tre cariossidi per spighetta e quindi più produttivo. Questo è il tipo tuttora coltivato in Toscana, in piccoli appezzamenti di terreno.

Mentre in quasi tutta l'Italia, eccetto pochissime regioni, la produzione del farro fu abbandonata nel Medioevo per far posto al più produttivo frumento, nella Garfagnana, una valle della Toscana nord-occidentale in provincia di Lucca, la coltivazione del farro non ha mai subito crisi ed anzi è stata per secoli un'importante fonte di sostentamento. I chicchi del farro possono essere consumati interi, conservando il germe, ricco di preziosi nutrimenti, che restano anche nella crusca e nella farina. Questa continuità di uso, a partire dall'antichità fino a oggi, ha dato origine a ricette tradizionali tipiche come la minestra di farro e fagioli e la torta di farro che ho scelto qui per rappresentare la mia regione.

 
Al farro della Grafagnana prodotto nell'Alta Valle del Serchio, lavorato in modo tradizionale, con macine di pietra, è stata riconosciuta la IGP (Indicazione geografica protetta) nel 1996. I produttori sono un centinaio, la superficie complessiva è di soli di 100 ettari e la produzione circa 200 tonnellate all'anno. È proprio questo farro IGP quello che ho usato per fare la tradizionale torta di farro, che ai chicchi cotti in acqua unisce ricotta, uova, prezzemolo, pepe e noce moscata.


INGREDIENTI per una teglia di 22/23 cm di diametro

 

Per il ripieno

200 g di farro

300 g di ricotta di pecora

3 uova (le mie 3 uova pesavano 190 g)

50 g di parmigiano reggiano e/o pecorino

10 g di foglie di prezzemolo tritato

noce moscata

sale

pepe

 

Per la pasta brisée all'olio

300 g di farina 00

75 g di olio e.v.o.

120 ml di acqua

sale


PROCEDIMENTO

– Lessate il farro per 40 minuti. Lasciatelo intiepidire. Ne otterrete 500 g circa.

– Unite al farro gli altri ingredienti del ripieno. Non lasciate il composto in frigorifero, altrimenti diventa troppo asciutto. Utilizzatelo subito.

– Intanto avrete preparato la pasta brisée impastando farina, acqua, olio e sale.

– Stendete la pasta fino a uno spessore di 4 mm e con essa foderate una teglia da crostate (io ne ho usata una microforata), lasciando da parte un po' di pasta per la decorazione. Ponete il ripieno nel guscio di brisée e livellate bene.

– Per la decorazione, se volete fare delle spighe, trovate vari tutorial in rete, per esempio questo.

– Cuocete in forno a 180°/190° per 40 minuti.

 

Per finire, ecco le ricette con i vari cereali tipici delle altre regioni italiane.

Valle d’Aosta. Farinata di segale
Piemonte. Polenta di furmentìn con salsa ai porri
Liguria. Il bernardo di Ventimiglia
Lombardia. Il riso in cagnone
Trentino-Alto Adige. Schlutzkrapfen - Mezzelune tirolesi
Veneto. Torta di riso ai profumi mediorientali (con riso del delta del Po)
Friuli-Venezia Giulia. Paparot - Minestra di polenta e spinaci friulana
Emilia-Romagna. Risotto alla modenese 
Umbria. Zuppa di farro e patate
Marche. Zuppa di zucca e farro
Lazio. Supplì di farro
Abruzzo. Crostata di Solina di composta di mele cotogne
Molise. Pannocchio, panettoncino al mais di Campobasso
Campania. Pane con farina tipo 1 da grano tenero "Autonomia" del beneventano
Puglia. Grano all’arrabbiata con funghi cardoncelli
Basilicata. I cereali nella cucina lucana
Calabria. Riso di Sibari ai sapori di Calabria
Sicilia. Spaghetti di Tumminia con cavolfiore e olive nere
Sardegna. Risotto ai funghi porcini, salsiccia secca sarda e Casizolu su Pistoccu di Montresta 

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Commenti

  1. Sempre bello leggere i tuoi post così dettagliati.
    La torta è bellissima!!!!!!!!!!

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  2. Complimenti la foto commenta da sola la torta. Ottima direi.

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  3. Che meraviglia questa torta... e che bellissima decorazione! A presto LA

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  4. davvero molto invitante e con quel farro ne posso solo immaginare il sapore!

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  5. Stupenda questa torta rustica! E' assolutamente da provare!
    Baci,
    Mary

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  6. questa torta si mangia prima con gli occhi, è bellissima! un abbraccio

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  7. E' bellissima questa torta!
    Colpisce subito per la sua bellezza, oltre al fatto che gli ingredienti sono favolosi, garanzia di bontà.

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  8. Questo fatto lo conosco, ma non ci avevo mai fatto una torta.
    Ciao
    Elisa

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