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L'insalata era nell'orto (insalatine di campo su 'gazpacho' di more)


INGREDIENTI per 2 persone (2 coppette come quella della foto)

40 g circa di insalatine ed erbe di campo (qui acetosa rossa, acetosella, erba porcellana, lattughino, pimpinella, rucola selvatica)
Fiori di campo edibili (secondo la stagione, malva, borragine, sambuco, erba cipollina)
4 ravanelli
200 g di more
100 g di ciliegie
50 g di cetriolo
100 g di yogurt magro compatto
70 g di pane di segale con fiocchi d'orzo e d'avena (pain paillasse)
2 cucchiaini di sciroppo d'acero
Mezzo spicchio di aglio
50 ml di aceto di mele al lampone
2 cucchiai di olio e.v.o.
Pepe q.b.
Sale q.b.

PREPARAZIONE

Lavare le insalatine di campo, scolarle e lasciarle asciugare a temperatura ambiente non troppo alta.
Lavare anche il resto di frutta e verdura.
Mettere a bagno la mollica di pane in acqua e metà dell'aceto. Tagliare la crosta a quadratini e tostarli in padella.
Affettare 4 fettine di cetriolo e 4 di ravanello e metterle da parte. Mettere da parte anche 6 more.
Prepare il 'gazpacho' in un mixer con il resto delle more, le ciliegie snocciolate, il resto del cetriolo, l'aglio, l'olio, lo yogurt, il sale, il pepe. Passare il frullato da un setaccio, aggiungere la mollica di pane ben strizzata e sbriciolata (si deve sentire come nel vero gazpacho), assaggiare e condire con il resto dell'aceto e lo sciroppo d'acero, aggiungendo alternativamente piccole quantità, fino a raggiungere il dolce-forte ottimale, dove nessuno dei due sapori (dolce e acido) prevalga sull'altro.
Versare il 'gazpacho' di more in una coppetta e far raffreddare almeno mezz'ora in frigorifero. Disporvi sopra more, ravanelli, pane, cetrioli, fiori e insalatine, cercando di dare uno sviluppo verticale alla composizione.

Quand'ero piccola trascorrevo molte ore in giardino, dove avevamo un orto e perfino un pollaio; se ripenso a quel periodo sono molti i ricordi che si affollano nella mia mente, tutti immancabilmente accompagnati dalle colonne sonore dell'epoca. C'era una filastrocca, in particolare, che mi piaceva canticchiare insieme alla zia che me l'aveva insegnata; questo era il ritornello: «Maramao perché sei morto, pane e vin non ti mancavan, l'insalata era nell'orto e una casa avevi tu». Il nostro gattino non si chiamava Maramao, ma io, dispettosa, mi divertivo a urlargli la canzonetta in faccia, cosa che lo faceva scappare spaventatissimo.
A questo ripensavo oggi mentre preparavo la mia insalatina di campo; erano tempi in cui il legame fra città e campagna era ancora molto forte, non intermediato dai mercati o supermercati. I rapporti personali con gli abitanti della campagna erano frequenti e per questi 'contadini' (termine nient'affatto dispregiativo come oggi è diventato) era un grande onore e un motivo d'orgoglio donare i frutti della propria terra ai cittadini. A ripensarci forse era una forma di baratto: i frutti della terra erano l'oro verde dell'epoca che veniva offerto in segno di gratitudine ai professionisti, il notaio, l'avvocato, il medico, come era appunto mio padre. In un ambiente di provincia e in un periodo di poco antecedente alla fase culminante del boom economico (fine anni '50), le persone che abitavano nei poderi ricevuti per assegnazione da parte dell'Ente Maremma erano considerate forse meno ricche di noi cittadini 'borghesi', ma degne del massimo rispetto, perché grandi lavoratori e perché fortunati a vivere in campagna.
L'insalata noi potevamo averla nell'orto, è vero, ma solo in piccola quantità e non certo sufficiente a sfamare le famiglie patriarcali di allora per intere stagioni. L'insalata era nell'orto, dunque, come diceva la canzonetta, ma se aggiungevamo quello che c'era in campagna o nei boschi, arrivava in tavola arricchita di frutti della natura, per darci un pasto tanto salutare e gustoso, quanto semplice e improvvisato. Sono questi ricordi di oltre mezzo secolo fa, che mi hanno portato all'ideazione di una modernissima coppetta d'insalata che in un piccolo cerchio, tanto immaginario quanto reale, racchiude concetti attualissimi, come il 'green', il paesaggio, la sostenibilità e la valorizzazione del territorio.

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