Mi chiedo che cosa gradirebbero per pranzo i miei genitori se fossero ancora qui, di ritorno dalla spiaggia, a godersi la penombra della pineta, lui esausto per l'eccessivo calore del sole e desideroso del fresco delle 'sue' amate montagne purtroppo lontane, lei invece su di giri, felicemente 'cotta' al sole e pur sempre aggraziata – beata lei – qualsiasi straccio si mettesse addosso come copricostume. Sostanza lui, eleganza lei. Sostanza ed eleganza naturale che vorrei trasparissero dal menu che ho pensato di preparare in loro onore e memoria. Vorrei che questo menu avesse il profumo dei boschi di montagna, ma risaltasse grazie alla luce delle pinete marittime, di quelle improvvise radure dove filtrano attutiti i raggi del sole.
L'occasione mi è offerta dalla partecipazione al concorso "Latti da mangiare 3.0" indetto dalla Storica Fattoria Il Palagiaccio di Scarperia (FI). Come prescrive il Regolamento, i concorrenti devono «realizzare, fotografare e raccontare un menu di 2 portate (a scelta tra: antipasto, primo, secondo, dolce) capace di valorizzare uno o più formaggi fra quelli della Storica Fattoria Il Palagiaccio (Gran Mugello, Blu Mugello, Fior di Mugello) usandoli in abbinamento con almeno uno dei seguenti ingredienti:
> Bosco: Cinghiale, Cervo, Capriolo, Lumache, Funghi, Tartufo Bianco o Nero, Mirtilli.
> Mare: Cozze, Cannolicchi, Astice, Ostriche, Scampi, Pesce Azzurro, Alghe, Avocado, Limone».
Per la realizzazione della ricetta ogni concorrente ha ricevuto tre campioni dei formaggi proposti, che rappresentano solo una piccola parte della produzione casearia del Palagiaccio. È il terzo anno che partecipo al concorso nazionale indetto da questa azienda. Arrivata seconda il primo anno, selezionata fra i primi 10 il secondo anno, quest'anno chissà, forse non riuscirò neppure a classificarmi, ma non importa, l'essenziale è averci provato e aver sperimentato ancora una volta la versatilità di questi prodotti di filiera cortissima.
"La qualità non è un lusso" è il motto della fattoria Il Palagiaccio, di chi crede che «la ricerca della qualità sia un obiettivo da perseguire per condurre un sano stile di vita». La qualità è garantita dai «numeri limitati, i volumi ridotti e le lavorazioni meticolose ed esclusivamente artigianali». A tutto ciò si aggiunge la qualifica di "Fattoria Didattica", grazie all'organizzazione di «percorsi didattici volti ad avvicinare i giovani ad una corretta educazione alimentare». Infine, fiore all'occhiello dell'amore per la tradizione, è il piccolo ma significativo museo, «che raccoglie utensili ed alcune vecchie macchine agricole», perché i visitatori della fattoria conoscano le antiche tradizioni contadine del territorio.
Tra i formaggi ho scelto prima di tutto il Gran Mugello, formaggio a pasta semicotta dal gusto intenso, stagionato nelle grotte ubaldine della torre merlata di Villa Palagiaccio. Al primo impatto il Gran Mugello ubaldino presenta una consistenza semidura, con la sua pasta compatta ma friabile. Sprigiona a poco a poco un aroma complesso, con note di sottobosco, di fieno e di muffa e termina con un retrogusto intenso, amarognolo. Tenete conto però che non sono una degustatrice professionale di formaggi; vi dico solo la mia impressione di consumatrice piuttosto esigente.
È l'ingrediente perfetto per la crème brûlée salata che fa parte della mia ricetta, un secondo sostanzioso, perché il compito di noi concorrenti è creare un menu con due sole portate.
Accompagnano la crème brûlée salata un medaglione di filetto di capriolo e i funghi porcini: un secondo ricco, al profumo di lavanda, santoreggia montana e nepitella. Agli ingredienti del menu di bosco, si unisce un tocco rubato al menu di mare (per non dimenticare i gusti della mia mamma!): un'alga, la spirulina, lasciata in filamenti, quasi a simulare il muschio alla base dei funghi porcini, e polverizzata nei 'coralli' che racchiudono il filetto.
Per il dolce, ho scelto di usare il Blu Mugello, un tenero erborinato a delicata muffa verde. Insieme ai mirtilli, trattati come una 'pellicola' avvolgente, e la ricotta, dà luogo a un dessert che abbina il sapido al dolce, con una leggera nota aromatica data dalla scorza di limone ('rubato' al menu di mare!) che ho unito ai mirtilli di bosco, anche per ricordare l'albero dei limoni del nostro giardino che era il vanto del babbo, ma soprattutto la gioia della mamma nel gustarseli.
Secondo il regolamento, i componenti della Giuria, cioè i titolari della Storica Fattoria Il Palagiaccio e i mastri casari, valuteranno:
1. Originalità delle ricette
2. Qualità dello scatto fotografico
3. Protagonismo dell'ingrediente principale
4. Capacità di storytelling.
Quanto allo 'storytelling', per ora mi fermo qui, ma continuerò dopo aver dato le ricette, perché capisco che chi legge è curioso di conoscere subito ingredienti e procedimento. Tornerò fra poco a parlare di quell'eterno conflitto mare-montagna, spiaggia-bosco, che per una vita ha diviso e nello stesso tempo unito i miei genitori. Capirete così che il titolo del post «Un menu di bosco luminoso come il mare» non è casuale. Il menu, dunque, è di bosco, ma con un tocco del menu di mare, che non potevo evitare, per non dispiacere alla mamma. Un po' come quando da piccoli ci si sente chiedere: vuoi più bene al babbo o alla mamma?
L'occasione mi è offerta dalla partecipazione al concorso "Latti da mangiare 3.0" indetto dalla Storica Fattoria Il Palagiaccio di Scarperia (FI). Come prescrive il Regolamento, i concorrenti devono «realizzare, fotografare e raccontare un menu di 2 portate (a scelta tra: antipasto, primo, secondo, dolce) capace di valorizzare uno o più formaggi fra quelli della Storica Fattoria Il Palagiaccio (Gran Mugello, Blu Mugello, Fior di Mugello) usandoli in abbinamento con almeno uno dei seguenti ingredienti:
> Bosco: Cinghiale, Cervo, Capriolo, Lumache, Funghi, Tartufo Bianco o Nero, Mirtilli.
> Mare: Cozze, Cannolicchi, Astice, Ostriche, Scampi, Pesce Azzurro, Alghe, Avocado, Limone».
Per la realizzazione della ricetta ogni concorrente ha ricevuto tre campioni dei formaggi proposti, che rappresentano solo una piccola parte della produzione casearia del Palagiaccio. È il terzo anno che partecipo al concorso nazionale indetto da questa azienda. Arrivata seconda il primo anno, selezionata fra i primi 10 il secondo anno, quest'anno chissà, forse non riuscirò neppure a classificarmi, ma non importa, l'essenziale è averci provato e aver sperimentato ancora una volta la versatilità di questi prodotti di filiera cortissima.
"La qualità non è un lusso" è il motto della fattoria Il Palagiaccio, di chi crede che «la ricerca della qualità sia un obiettivo da perseguire per condurre un sano stile di vita». La qualità è garantita dai «numeri limitati, i volumi ridotti e le lavorazioni meticolose ed esclusivamente artigianali». A tutto ciò si aggiunge la qualifica di "Fattoria Didattica", grazie all'organizzazione di «percorsi didattici volti ad avvicinare i giovani ad una corretta educazione alimentare». Infine, fiore all'occhiello dell'amore per la tradizione, è il piccolo ma significativo museo, «che raccoglie utensili ed alcune vecchie macchine agricole», perché i visitatori della fattoria conoscano le antiche tradizioni contadine del territorio.
Tra i formaggi ho scelto prima di tutto il Gran Mugello, formaggio a pasta semicotta dal gusto intenso, stagionato nelle grotte ubaldine della torre merlata di Villa Palagiaccio. Al primo impatto il Gran Mugello ubaldino presenta una consistenza semidura, con la sua pasta compatta ma friabile. Sprigiona a poco a poco un aroma complesso, con note di sottobosco, di fieno e di muffa e termina con un retrogusto intenso, amarognolo. Tenete conto però che non sono una degustatrice professionale di formaggi; vi dico solo la mia impressione di consumatrice piuttosto esigente.
È l'ingrediente perfetto per la crème brûlée salata che fa parte della mia ricetta, un secondo sostanzioso, perché il compito di noi concorrenti è creare un menu con due sole portate.
Accompagnano la crème brûlée salata un medaglione di filetto di capriolo e i funghi porcini: un secondo ricco, al profumo di lavanda, santoreggia montana e nepitella. Agli ingredienti del menu di bosco, si unisce un tocco rubato al menu di mare (per non dimenticare i gusti della mia mamma!): un'alga, la spirulina, lasciata in filamenti, quasi a simulare il muschio alla base dei funghi porcini, e polverizzata nei 'coralli' che racchiudono il filetto.
Per il dolce, ho scelto di usare il Blu Mugello, un tenero erborinato a delicata muffa verde. Insieme ai mirtilli, trattati come una 'pellicola' avvolgente, e la ricotta, dà luogo a un dessert che abbina il sapido al dolce, con una leggera nota aromatica data dalla scorza di limone ('rubato' al menu di mare!) che ho unito ai mirtilli di bosco, anche per ricordare l'albero dei limoni del nostro giardino che era il vanto del babbo, ma soprattutto la gioia della mamma nel gustarseli.
Il Blu Mugello, insaporito dalle tipiche striature verdazzurre di muffa, ha un sapore deciso che lascia il segno. Come tutti gli erborinati, può essere protagonista delle classiche ricette salate, dal risotto agli gnocchi, alle crespelle, alla polenta, alla fonduta, spesso accompagnato da noci e pere. Qui invece è diventato il 'nucleo' di una ricetta dolce, 'addolcito', appunto, dalla ricotta e dal miele, e incorniciato da un voluttuoso involucro a base di mirtilli.
1. Originalità delle ricette
2. Qualità dello scatto fotografico
3. Protagonismo dell'ingrediente principale
4. Capacità di storytelling.
Quanto allo 'storytelling', per ora mi fermo qui, ma continuerò dopo aver dato le ricette, perché capisco che chi legge è curioso di conoscere subito ingredienti e procedimento. Tornerò fra poco a parlare di quell'eterno conflitto mare-montagna, spiaggia-bosco, che per una vita ha diviso e nello stesso tempo unito i miei genitori. Capirete così che il titolo del post «Un menu di bosco luminoso come il mare» non è casuale. Il menu, dunque, è di bosco, ma con un tocco del menu di mare, che non potevo evitare, per non dispiacere alla mamma. Un po' come quando da piccoli ci si sente chiedere: vuoi più bene al babbo o alla mamma?
Trittico ai profumi del bosco (filetto di capriolo, funghi porcini, 'crème brûlée' al Gran Mugello)
INGREDIENTI per 4 persone
Per la 'crème brûlée' al Gran Mugello
1 uovo
1 tuorlo
125 g di panna
125 g di latte
50 g di Gran Mugello
1 rametto di lavanda + 4 per decorare
Sale q.b.
4 cucchiaini di zucchero semolato
Per il filetto di capriolo al ribes
4 medaglioni di filetto di capriolo (spessore: cm 1,5 l'uno)
40 g di burro
1/2 bicchiere di vino rosso
2 rametti di santoreggia montana + 4 per decorare
8 bacche di ginepro
Sale q.b.
Pepe q.b.
120 g di ribes rosso
Sciroppo d'acero q.b.
Maizena, due cucchiaini
Per 8 'coralli' alla spirulina (diametro 7 cm)
Mezzo cucchiaino di alga spirulina in polvere
2 cucchiaini di farina
2 cucchiai di olio
6 cucchiai di acqua
Sale (pochissimo)
Per i porcini
16 piccolissimi funghi porcini o 4 cappelle medie
Olio e.v.o., due cucchiai
2 rametti di nepitella (o mentuccia) + 4 per decorare
1 spicchio d'aglio
Sale q.b.
Pepe q.b.
Alga spirulina essiccata, un ciuffetto
Nocciole tostate e tritate, 4 cucchiai
PROCEDIMENTO
'Crème brûlée' al Gran Mugello
Portare a ebollizione il latte con la lavanda. Far raffreddare e filtrare. Amalgamare l'uovo e il tuorlo, la panna, il latte filtrato e il Gran Mugello grattugiato. Se necessario aggiustare di sale. Versare in piccole cocottes e cuocere in forno a vapore a 90° per mezz'ora. Lasciar intiepidire. Spolverare di zucchero semolato e caramellizzare con l'apposito attrezzo o porre sotto il grill per qualche minuto.
Filetto di capriolo al ribes
In una padella pesante riscaldare il burro con le bacche di ginepro schiacciate e la santoreggia tritata, rosolare i medaglioni da entrambe le parti a fuoco vivo e condirli con sale e pepe. Toglierli e conservarli al caldo. Deglassare il fondo di cottura col vino e unire il ribes schiacciato. Filtrare, far cuocere 2 minuti insieme alla maizena e allo sciroppo d'acero, finché la salsa non si sarà addensata.
'Coralli' alla spirulina
Amalgamare gli ingredienti e cuocerne 8 cucchiaiate in una padella antiaderente, meglio se divisa in cavità circolari di circa 7 cm di diametro. Altrimenti usare dei coppapasta. Lasciare sul fuoco finché tutto il liquido sarà evaporato e si saranno formati i fori.
Porcini
Cuocere i porcini in padella con olio, aglio e nepitella (o mentuccia) tritata. Salare e pepare.
IMPIATTARE
Tronchetto di Blu Mugello in pelle di mirtilli (con brunoise di ananas, mandorle e fave di cacao)
INGREDIENTI per 4 persone
Per la 'pelle' di mirtilli
230 g di mirtilli
Scorza grattugiata di mezzo limone
Olio e.v.o. q.b.
Per la farcia di Blu Mugello
150 g di Blu Mugello
150 g di ricotta ben scolata (ho usato il Fior di ricotta del Palagiaccio)
1 cucchiaio di miele (ho usato il miele d'acacia del Palagiaccio)
Per la 'vela' di isomalto
2 cucchiai di isomalto
1 cucchiaio di acqua colorata con i mirtilli
Per impiattare
2 fette di ananas
4 cucchiai di mandorle non pelate, tostate e tritate
6 fave di cacao
4 fiori di plumbago
Qualche foglia e fiore di Oxalis (acetosella)
PROCEDIMENTO
Lavare e far asciugare bene i mirtilli. Frullarli finemente. Lasciare da parte 1 cucchiaio di frullato, che unirete a 1 cucchiaio di acqua e lascerete scolare per ricavarne acqua colorata che servirà per la vela di isomalto. Unire al resto del frullato la scorza di limone grattugiata. Versare il composto su un foglio di carta da forno unto di olio e fissato a una teglia. Lo strato dovrebbe essere 3-4 mm. Mettere in forno a 75° per 8-10 ore, finché la superficie non sarà più appiccicosa e si staccherà bene. In alternativa si può far essiccare al sole, coperto con una retina; meglio ancora in un essiccatoio.
Lavorare con una forchetta Blu Mugello tritato, ricotta ben scolata e miele. Ricavarne 4 cilindri di 2 cm di diametro, avvolgerli nella pellicola e conservarli almeno 2 ore in frigorifero.
Tagliare la 'pelle' di mirtilli in 4 rettangoli di circa 10 x 15 cm e avvolgervi i cilindri di formaggio.
Attorno al cilindro disporre mandorle, fave di cacao frantumate e ananas tagliato a dadini. Decorare con foglie, fiori e la 'vela' di isomalto così ottenuta: sciogliere l'isomalto in un pentolino portandolo al punto di fusione (150°) e aggiungere un cucchiaio di acqua di mirtilli. Raggiunta la temperatura di 180°, versare l'isomalto fuso su un foglio di silicone e, appena è possibile toccarlo senza scottarsi (usare magari dei guanti), ma prima che si raffreddi, staccarne dei pezzi, tirandoli. Durante la lavorazione, che deve essere rapidissima, creare delle punte e una base che possa andare sotto al cilindro. Nel caso che non si faccia in tempo a realizzare le quattro 'vele', l'isomalto può essere riportato allo stato fluido più volte, scaldandolo sul fuoco.
Conclusioni
Mare o montagna
Mi piace immaginare che in qualche angolo di cielo stiano discutendo, come sempre, se andare al mare o in montagna. Lei lo ha raggiunto il 12 aprile di quest'anno, ma quanto tempo era che desiderava rivederlo! Prima di lasciare la Terra, mamma mi disse che per andargli incontro avrebbe voluto indossare l'ultimo vestito da cerimonia che aveva comprato, color blu cobalto, con sciarpetta al collo, fascia per capelli e un leggero trucco per smorzare il pallore. Tutto doveva essere intonato ai suoi occhi verde mare, che lui adorava.
Eppure il mare non era certo fra le passioni che li univano. Cime, picchi, altopiani, boschi, sentieri e vallate alpine per mio padre erano familiari al punto che me li indicava ciascuno per nome, quando lo accompagnavo in vacanza, visto che mamma proprio non voleva lasciare il suo mare. Qualche volta sono andati insieme, per la verità, ma al ritorno lei era sempre scontenta e non faceva che criticare usi e costumi montanari: pranzo e cena troppo presto, poche verdure, introvabili le pesche e la frutta estiva, sempre le trote come pesce, e poi quel pane secco e salato... niente a che fare col pane toscano. Io invece ero contentissima, perché ogni novità culinaria mi ha sempre incuriosito fin da quando ero ragazzina e poi... quei frutti di bosco così carnosi, quel latte freschissimo e saporito, quei formaggi profumati...
La sposa del mare
Ho tra le mani la fede d'oro bianco di mamma, che ho unito alla catenina con la fede di babbo e gli altri ricordini che dal giorno della sua scomparsa lei portava al collo. Diceva di avere sposato anche il mare, perché la prima fede, quella d'oro giallo, l'aveva persa un giorno sulla battigia cercando con le mani arselle e chioccioline.
Non contava nulla se, quando erano fidanzati, lui le aveva dedicato una commedia ambientata in una baita fra i boschi alpini (conservo come un tesoro quel libretto scritto a mano); neanche questo l'aveva portata ad amare la montagna. Fra i suoi ricordi più belli non c'era il viaggio di nozze a Misurina, ma il primo bacio, avvenuto sulla spiaggia, la notte di San Lorenzo. Da allora non si erano più lasciati, tranne che per quei viaggi in montagna che lui faceva prima da solo, poi con noi 'bimbe', e alla fine con i nipoti.
La casa in pineta
Avevo poco più di 10 anni quando babbo comprò circa un ettaro di pineta. La Pineta del Tombolo a quei tempi era ancora quasi totalmente priva di case. Ricordo con nostalgia le scorrazzate nei sentieri strettissimi dei dintorni, a piedi o in bicicletta (che c'entrava appena) insieme alle mie sorelline e a una o due amichette – le uniche che abitavano nei paraggi – fra ginepri che pungevano, le stracciabrache che si attaccavano ai vestiti, in mezzo al profumo di sottobosco, rosmarino, nepitella, lentisco, mirto, cisto marino con i suoi fiorellini bianchi, all'ombra di pini, lecci, quercioli, corbezzoli.In breve tempo babbo fece costruire una casa a un solo piano, quasi tutta in pietra arenaria perché fosse mimetizzata con l'ambiente, con una grande vetrata aperta sulla macchia mediterranea e persino tre pini che con il tronco entravano nel tetto delle verande, salvati dall'abbattimento. Così lui se ne stava lì a frescheggiare e a sognare le sue Dolomiti e lei aveva a pochi passi di distanza il suo mare dove poteva inondarsi di sole e salsedine. Qualche volta però lui cedeva e l'accompagnava, a due condizioni: andare la mattina presto e tornare a casa per pranzo. Non sopportava il fast food ante litteram, consumato su sedute scomode, da finire in fretta per timore di una folata di vento e una spolverata di sabbia.
Quando ero a casa con loro, ai tempi dell'università, spesso pensavo io al pranzo, perché già da allora cucinare, e in particolare nella grande cucina di mamma, attraversata dal vento fresco della pineta, mi piaceva molto più che andare al mare. 'Buttata' in mezzo alle onde, si può dire, a pochi mesi, ne avevo abbastanza. Allergica alle consuetudini, preferivo interrompere più che potevo il tran tran pineta-spiaggia-mare e restare spesso a casa, desiderosa di sperimentare ai fornelli e ricevere l'approvazione degli altri. Sperimentavo sì, ma stavo sempre attenta a non scontentare nessuno. Come oggi, del resto. Sono convinta che il mio menu di bosco con un tocco di mare li avrebbe fatti felici.
mi sono innamorata! Alla prima occhiata dei colori, poi delle luci e della delicata bellezza della presentazione. Non immagini quanto mi piacerebbe prendere qualche lezione da te.
RispondiEliminaTi auguro di vincere, perché meriti.
un abbraccio
Rò
Ciao Rosy! Ti ringrazio per la stima. Lezioni di cucina? Non ne ho mai frequentate, perciò non saprei proprio da che parte incominciare per darne! Comunque sono disponibile per qualsiasi consiglio.
EliminaSono rimasta a bocca aperta!!
RispondiEliminaCara Gaia, mi fa tanto piacere il tuo commento! Grazie.
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