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Fagioli al fiasco



Fagioli al fiasco o fagioli nel fiasco: più che una ricetta, è un modo di cuocere i fagioli secchi tipicamente toscano. Per questo mi è sembrato giusto parlarne in occasione del tema odierno scelto dalL’Italia nel piatto: i legumi.

Il sistema di cuocere i fagioli nel fiasco del vino, ovviamente vuoto e spagliato, è molto antico ed è stato usato in Toscana finché si è continuato a cuocere il pane nei vecchi forni di campagna, oggi piuttosto rari. Una volta cotto il pane, si poteva utilizzare il calore residuo per altri cibi inseriti in adeguati contenitori, di solito in terracotta o in vetro abbastanza spesso come quello del fiasco. Spariti o quasi i forni, l’abitudine si è perpetuata nelle case toscane che avessero un camino e un braciere; brace e cenere creavano una sorta di letto caldo, dove si deponeva il fiasco, inclinato di 45°, in modo che i fagioli cuocessero per molte ore senza bollire eccessivamente, ma solo 'fremendo', con poca acqua, con la salvia, l’aglio, il sale e il pepe. Chi fosse intollerante all'aglio, o può evitare di metterlo, oppure... va alla ricerca dell'aglione (in foto), come ho fatto io qualche tempo fa (vedi qui). 


Fagioli zolfini nel fiasco. Grazie a Lara e Matteo di Pane & Toscana per avermi procurato il fiasco!

Non so se sia facile trovare fiaschi fuori della Toscana. Il fiasco è un recipiente di vetro molto spesso, di colore verdognolo, con il corpo ovale, rivestito di paglia, e con il collo lungo e assottigliato. In letteratura, si hanno attestazioni fin dal ’300 di fiaschi di legno o d’argento; il fiasco in vetro per il vino è stato per un po’ di tempo anche un’unità di misura, corrispondente a quasi due litri. Il luogo d’origine sembrerebbe la Toscana, anche se qualcosa di simile, ma con la pancia schiacciata, esisteva in tutta Italia; era la fiasca (latino flasca), una sorta di borraccia (e in Veneto fiasca corrisponde a bottiglia). Già nel V secolo in latino tardo si parla di flasco -onis, che è imparentato col gotico *flascô, una delle tante parole entrate in uso in seguito alle invasioni barbariche.   


In foto, un aglione, che non è l'aglio, come ho già spiegato in un vecchio post (qui)

Ricordo vagamente quando i contenitori di vetro non si buttavano via. Il fiasco vuoto, per esempio, si poteva far riempire di nuovo nelle mescite di vino. Erano gli anni '6o del Novecento. Dopodiché è andato di moda l'usa e getta e sono incominciati i problemi dello smaltimento dei rifiuti che il riciclo ha risolto solo in parte. Si può dire che l'uso del fiasco per la cottura dei fagioli è una delle varie forme di riciclo che già nel passato esistevano. In questo caso si praticava una cottura ‘a bassa temperatura’ ante litteram, quella che oggi si chiama vasocottura, per la quale si usano appositi vasetti di vetro in forno o a bagno maria.

Vista la rarità dei fiaschi, c’è chi ha pensato di produrre dei recipienti in vetro di forma analoga (di solito borosilicato ovvero pyrex) adatti per la cottura su un fornello, con apposito spargifiamma. Che sia un fiasco o una moderna fagioliera, gli ingredienti rimangono gli stessi.



Ho la fortuna di avere un quadernetto con qualche ricetta scritta da uno zio di mio padre: la prima è proprio quella dei fagioli al fiasco. Ricordo il giorno in cui questo zio spiegò al mio futuro cognato come fare i fagioli al fiasco, cosa mettere dentro, come tappare il fiasco, come regolare la temperatura perché i fagioli non bollissero troppo forte, ma fremessero appena.

Oltre agli ingredienti che ho già citato, lo zio scrisse nella ricetta anche pomodori, rigatino, conserva, salsiccia, funghi secchi, peperone piccante (invece del pepe). Io preferisco cuocere i fagioli in bianco e dopo, se mai, saltarli in padella con tutto il resto, per farli ‘all’uccelletto’ (sarà una prossima ricetta!). Lui indicò i fagioli cannellini, io invece ho usato gli zolfini, una varietà autoctona del Pratomagno, nel Casentino (Arezzo), che corrisponde all’alta valle dell’Arno. Sono a buccia sottile, sapore intenso, digeribilissimi. Rispetto ai cannellini sono molto più piccoli, meno della metà in certi casi. Per queste loro caratteristiche non è necessario l’ammollo, soprattutto se sono essiccati da poco, come in questo periodo, all’inizio dell’autunno. L'appellativo zolfini deriva dal colore che hanno da crudi, simile allo zolfo, giallo pallido con sfumature verdastre.

INGREDIENTI per 6 persone

350 g di fagioli secchi (zolfini come qui, oppure cannellini, o di Sorana o all’occhio)
6 foglie di salvia
2 spicchi d’aglio non sbucciati (o 5 di aglione)
1 cucchiaino di grani di pepe (ho usato il pepe lungo*)
15 g di sale grosso
4 cucchiai di olio e.v.o.
1,4 l di acqua

PROCEDIMENTO

Sciacquate i fagioli sotto acqua corrente e inseriteli nel recipiente. Aggiungete 1,4 l di acqua fredda (possibilmente priva o povera di calcio)**, la salvia, l’olio, il sale, il pepe e l’aglio in camicia schiacciato.

Mettete il recipiente sul fuoco usando uno spargifiamma e tappatelo con un tappo di sughero forato o con un foglio di carta paglia o da cucina, avvolto in modo che esca un po’ di vapore. Fate cuocere a fuoco basso per 2/3 ore (l’ebollizione avverrà dopo circa 40/50 minuti). Il tempo dipende dalla grandezza dei fagioli e da quanti mesi sono trascorsi dal momento del raccolto.



* L'uso del pepe lungo (Piper longum L.) non è un semplice sfizio. Ho voluto fare un richiamo al fatto che questo è il più antico pepe che sia arrivato in Europa dall'Asia; non è escluso che venisse usato nell'antichità e nel Medioevo. I Romani conoscevano sia questo pepe che il pepe in grani (Piper nigrum L.). Il pepe lungo si estinse in Europa dopo la scoperta dell'America, a causa della diffusione del Piper nigrumpiù facile da coltivare, proveniente dal Cile. Il Piper longum ha un bouquet di aromi che va dalla resina, agli agrumi, alla noce moscata e offre un piacevole retrogusto di liquirizia.



** Con questa quantità di acqua otterrete il liquido necessario per un passato di fagioli, utile per la ribollita o per altre zuppe. Se volete usarli come contorno, potete mettere meno acqua, ma fate attenzione che i fagioli siano sempre coperti.





http://litalianelpiatto.blogspot.it/



Vediamo ora quali legumi ci propongono le regioni d’Italia partecipanti.

Liguria: Mes-ciua 
Emilia Romagna: Maltagliati con i fagioli 









Commenti

  1. Questa preparazione mi ha sempre incuriosito e m i sono sempre domandata come si facevano... grazie e a presto LA

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  2. questi li conosco.. e una mia amica toscana mi regalò pure il fiasco per farli!!!
    fantastica ricetta!!
    ciao
    elisa

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  3. uhh che bella ricetta! la conoscevo ma purtroppo non è semplice trovare il fiasco... se dovessi passare in Toscana me lo procurerò di certo!

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  4. Ma questa è una chicca: la devo assolutamente segnare anche sul mio quaderno.
    Da me i fiaschi li trovo ancora. Anni fa si usavano per il vino, oggi solo per abbellimento. Io li adoro.
    Non so se avrei mai il coraggio di usarli per le cotture. HO troppa paura di romperli. Piuttosto acquisterei quel bel fiasco che vedo in foto per la cottura su fornello.
    Comunque grazie per la ricetta. Ciao.

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  5. Giovanna questo metodo di cottura al fiasco è davvero una sorpresa per me...direi fantastica! Immagino il gusto e il sapore di questo piatto! bravissima!
    un abbraccio

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  6. Sempre raffinata, elegante e ricercata. I tuoi piatti e le tue ricette sono sempre uno spettacolo per la vista e per il palato. Il tuo contributo è sempre prezioso. Un abbraccio forte cara Giovanna.

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  7. Ma dai, questa ricetta non la conoscevo proprio! Che originalità!!!! Quante cose nuove si scoprono con questa rubrica! Complimenti Giovanna!

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