Da circa vent'anni la Toscana pullula di pizzerie e di tipi di pizza. Quando mi capita di vedere uno di quei cartelli luminosi con l'indicazione dei posti liberi nei parcheggi, mi viene in mente che a Firenze ci sono più posti dove mangiare una pizza che posti coperti dove parcheggiare l'auto.
Una volta non era così: le pizzerie intese come ristoranti si contavano sulle dita di una mano; la pizza si comprava dal fornaio e nei negozi di alimentari che vendevano il pane. Era una pizza in teglia, al taglio, che veniva venduta a rettangoli. Tipi di pizza? All'inizio (parlo di 60 anni fa) era uno solo: pizza in teglia rettangolare, ricoperta di salsa di pomodoro, acciughe o poco più, bassissima, quasi più buona fredda che calda. Potevi piegarla in due o arrotolarla e portartela a scuola, all'università o al lavoro.
Poi crebbe in altezza fino a un centimetro e incominciò a differenziarsi: margherita, napoletana, con zucchini, con patate e cipolle, con formaggio e salumi. Aprirono le prime pizzerie dedicate, dove però il rettangolo di pizza veniva consumato in piedi o su uno sgabello, in piccoli locali, che vendevano anche birra, Coca Cola e Fanta. Alternativa? Portarla a casa e fare la gioia di grandi e piccini.
Oggi, con la grande diffusione di pizze al piatto servite in pizzerie-ristoranti o consegnate a domicilio, si assiste a una vera e propria gara: liste chilometriche di pizze dai nomi più improbabili, con farine di ogni tipo – comprese quelle che si usa chiamare di grani antichi, che però antichi non sono – lievitate 24, 48, 72, fino a 100 ore. Ma sarà vero? A me sembrano tutte uguali: buone da calde, gommose da fredde. Il cornicione, immangiabile, spesso e volentieri ho dovuto lasciarlo nel piatto. Per non parlare delle semicarbonizzate, sopra e sotto, perché "così fa tanto Napoli". Ma che ne sanno? A Napoli sì che ho mangiato la pizza buona!
Scusandomi per questa premessa, lunga e... dissacrante, passo alla pizza che ho deciso di fare per L'Italia nel piatto, che per questo mese ha deciso come tema La Pizza. È una pizza in teglia rettangolare, bassa, da gustare tagliata in rettangoli monoporzione, come ancora se ne trovano in Toscana per un veloce street food o come prodotto casalingo che risolve una merenda o arricchisce una cena. Quanto all'altezza, è una via di mezzo fra la pizza al piatto e la focaccia, perché in Toscana non possiamo allontanarci troppo dall'amatissima schiacciata.
Gli ingredienti che ho scelto sono tipicamente regionali: la farina di farro (da latino far, da cui farina), l'unico cereale veramente antico perché antenato del frumento, che nel tipo piccolo (Triticum monococcum) era documentato già nel X millennio a.C. e nel tipo medio (Triticum dicoccoides) è tuttora coltivato in Garfagnana (valle della Toscana settentrionale) e ha ricevuto il riconoscimento di IGP; il Pecorino Toscano DOP e la Finocchiona IGP (salume aromatizzato con semi e/o fiori di finocchio), entrambi largamente diffusi in Toscana e facenti parte del tipico 'tagliere'. Infine ho pensato di bilanciare l'alto valore proteico e lipidico di questa pizza con una 'spolverata' vegetale, cioè con il cavolo nero (altra specialità toscana), che dà una nota amara.
Come impasto ho scelto uno degli impasti di Gabriele Bonci, definito da Reporter Gourmet "il Re della pizza al taglio buona e giusta". Svolge la sua attività non in Toscana ma a Roma, tuttavia non c'è dubbio che il tipo di pizza in teglia laziale sia molto simile a quello toscano. In questo video potete vedere Gabriele Bonci che mostra come fare il suo impasto della pizza romana in teglia.
INGREDIENTI (dimezzo le dosi rispetto alla ricetta di Bonci e aggiungo dettagli sulle farine)
Impasto
400 g di farina di farro biologico (W 85-115, Proteine 13)
100 g di semola di grano duro integrale rimacinata a pietra (Proteine 15)
300 ml di acqua
Olio e.v.o. 20 g
Sale 10 g
Lievito di birra 1 g
Condimento
400 g di Pecorino Toscano IGP
200 g di Finocchiona IGP
150 g di cavolo nero
Olio e.v.o. q.b.
Sale q.b.
Per sapere quanto impasto va nella vostra teglia, misuratene l'area e moltiplicatela per 0,5 come dice Bonci (0,5 g per cmq) o dividete per 2, che è la stessa cosa; se, per esempio, avete una teglia di cm 40 x 30 = 1200 cmq, ci andranno 600 g di impasto. Se invece volete sapere che teglia occorre per questo impasto di 831 g, moltiplicate il peso dell'impasto per 2 (g 831 x 2 = 1662 cmq, area della teglia).
PROCEDIMENTO (metodo di cottura diverso da quello di Bonci)
Si impasta in modo diretto, senza un pre-impasto. In una ciotola si amalgamano le farine, il lievito e l'acqua, girando con un cucchiaio grande in modo da toccare la parete della ciotola. Poi si aggiunge al centro il sale. Si passa l'impasto sul piano di lavoro e si fa incorporare l'olio, impastando con delle pieghe, con movimenti che portino i lembi al centro (guardare il video di Bonci).
Si lascia lievitare per 18 ore a 18°/20° C. Ovviamente in estate, con una temperatura ambiente di 28°/30° C, non saranno 18 ore ma circa 12. Consiglio mio: se le 18 ore vi costringono a impastare all'una di notte per avere la pizza pronta la sera dopo, considerate che la lievitazione può essere fermata in frigorifero. Potete per esempio far lievitare 10 ore un giorno, mettere in frigorifero dentro a un recipiente coperto con pellicola, poi riprendere la lievitazione per 8 ore il giorno dopo.
Prepariamo intanto le foglie di cavolo nero: si lavano, si asciugano, si privano della costola centrale, si massaggiano con olio e sale, si dispongono su carta forno e si infornano per 5/10 minuti a 180° C, senza farle bruciare.
Terminata la lievitazione, stiriamo l'impasto con le mani, colpendo prima i bordi in modo delicato (guardate i movimenti di Bonci). Potete rovesciare l'impasto nella teglia, mettendone un lembo sull'avambraccio (vedere come fa Bonci); io invece non l'ho capovolto, ma l'ho finito di stendere in teglia. Per stendere la pasta fino all'altezza voluta, si tirano i bordi con le dita e si fanno scorrere le bolle sulla superficie senza schiacciarle.
Bonci condisce la pizza in altro modo, senza formaggio, con patate e funghi cardoncelli. Anche la cottura è diversa, 15 minuti a 290° C. A parte che il mio forno non arriva a quella temperatura, io temevo comunque che il pecorino potesse bruciarsi, perciò, dopo aver condito la pizza col pecorino (spessore circa 4 mm), ho ricoperto la teglia di carta d'alluminio e l'ho messa sulla base del forno per 10 minuti a 230° C. Poi ho tolto l'alluminio e l'ho messa in alto a 200° fino alla fusione del formaggio e cottura della pizza. Tolta la pizza dal forno, ho disposto sulla superficie le fette di finocchiona e le chips di cavolo nero sbriciolate.
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Io amo la pizza!!
RispondiEliminaottima proposta e il rapporto teglia/impasto è un'informazione da non sottovalutare! Grazie del post, davvero interessante!
RispondiEliminaBella la nuova interfaccia del blog e stupenda la tua pizza! L'avevo già addocchiata su facebook...complimenti!
RispondiEliminaGolosissima la tua pizza, mi piace molto la finocchiona ma qui raramente si trova proprio gustosa.
RispondiEliminaBravissima a spiegare il rapporto dell'impasto per la teglia che è importante per una corretta proporzione, un impasto molto interessante. Grazie
Una pizza spettacolare! Complimenti ^_^
RispondiEliminaLa tua pizza è davvero fantastica! Se riesco a trovare la finocchiona, la rifarò senz'altro. Complimenti!
RispondiEliminaBaci,
Mary
Abbiamo gli stessi ricordi della pizza!! Quanto è buona!! Soprattutto la tua, gli ingredienti che hai usato li adoro tutti. La finocchiona poi!! Bella, veramente bella! Un abbraccio
RispondiEliminaP.S. non ricordo se già te lo avevo detto, il blog è molto bello e luminoso, complimenti!!!
Un bellissimo post, ricco di notizie interessanti. La pizza è bella e invoglia all'assaggio.
RispondiEliminaMamma mia, quel pezzo di pizza con la finocchiona sembra che esca dallo schermo!
RispondiEliminaOttima proposta Giovanna, mi incuriosisce l'impasto con la farina di farro e grazie per le dritte sul rapporto teglia-impasto!
Un abbraccio