Il vino picciolo
Il vino picciolo è attualmente caduto in disuso, ma in passato succedeva che, dopo aver strizzato nel torchio le uve e fatto uscire il mosto, si allentava la pressa, si bagnavano le vinacce con acqua e si strizzavano di nuovo, tant’è che un altro nome garfagnino del vino picciolo è, giustamente, vino strizzo. Seguiva una breve fermentazione. In Garfagnana e in altri territori toscani un vino a bassa gradazione alcolica viene detto anche anche striscino, crinto o vinella. Nella zona dell’Argentario esiste il detto “il contadino vende ’l vino e beve la vinella”.
Ai tempi in cui nulla veniva sprecato, si usava fare questo vinello di veloce fermentazione (da due giorni a una settimana al massimo) e quasi analcolico, destinato al consumo immediato, in attesa del vino nuovo o addirittura in sostituzione. Le popolazioni più povere non potevano permettersi il vino vero e proprio, ma si accontentavano degli avanzi della lavorazione delle uve usate per fare il vino buono, quello destinato alla vendita diretta ai consumatori o alle osterie.
Altrove la bevanda è conosciuta con nomi diversi, el vin picolo o la graspia (in Veneto, vedi qui), puntalone (in Emilia, vedi qui), vin piccul (trovato qui, in un vocabolario ferrarese del 1857), caccemette (nella parte meridionale delle Marche), acquaticcio (vedi ricetta qui), tutti ottenuti nell’ottica di un riciclo e risparmio, seppure con tecniche leggermente diverse.
Non avendo ovviamente la possibilità di preparare il vino picciolo, ho allungato con acqua un vino rosso leggero, come suggerisce la ricetta del Museo del Castagno di Colognora (Lucca). Dopodiché l’ho usato per fare una polentina con la farina di castagne. Come si usa dire in Garfagnana, “quando fa plotta plotta, la vinata è bella e cotta”. Ho aggiunto pochissimo zucchero e una manciata di pinoli tostati per modernizzare questa preparazione rendendola un dessert di fine pasto.
– 200 g di farina di castagne
– 300 ml di vino rosso (non vecchio)
– 900 ml di acqua
Per rifinire:
– zucchero q.b. (uno o due cucchiaini di zucchero integrale di canna a persona)
– 50 g di pinoli
– Si mette in una pentola la farina di castagne setacciata, si aggiunge, rimestando con una frusta, la quantità necessaria di vino picciolo o acqua mista a vino fino a ottenere una crema fluida. La densità è giusta quando un mestolo di legno, tirato su, è velato di biancastro.
Valle d’Aosta. Crema al cioccolato e castagne con Genepy
Liguria. Coniglio al Rossese
Lombardia. La rusumada, antica bevanda Milanese
Trentino-Alto Adige: Ratafià di noccioli e corniole sotto grappa
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Friuli-Venezia Giulia. Stinco di maiale al Cabernet franc
Emilia-Romagna. Il Vov
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Sardegna. Liquore di alloro
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Ogni volta resto sempre colpita dai tuoi post, così ricchi di notizie e meticolosi. Si capisce tutto l'amore e la passione che metti in quello che fai. Sei un vero esempio. Che dire di questa ricetta! Io la aspettavo e non vedevo l'ora di leggerla! E' fantastica e particolare, pochi e semplici ingredienti che raccontano dei tempi passati. Mi piace molto anche la tua aggiunta per modernizzare questa pietanza. La trovo bellissima.
RispondiEliminaOgni tuo post ci fa conoscere meglio la meravigliosa terra toscana e quanti detti avete in cucina! Bella ricetta! un abbraccio
RispondiEliminaChe ricetta irresistibile e che dire: ogni volta leggere i post di tutte noi è un grande arricchimento personale! Quante belle cose si imparano... Un abbraccio :)
RispondiEliminache curiosa questa ricetta! non avrei mai pensato di fare una polentina con vinello e farina di castagne, sarei curiosa di assaggiare la vinata! e grazie anche per i nomi del vino prodotto con gli scarti della pressa, in casa mia si parlava di "mezzo vino", da contrapporsi al vino-fiore. Complimenti!
RispondiEliminaVorrei essere nella tua cucina per assaporare questa delizia! A presto LA
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