I ravioli di Pellegrino Artusi non sono, come si potrebbe pensare, involucri di pasta che racchiudono un ripieno. Sono una sorta di polpette a base di ricotta, bietole, parmigiano, uovo, spezie e pochissima farina, un impasto molto simile alla farcia degli attuali ravioli o tortelli. Si bollono nell'acqua e si condiscono di solito con burro, salvia e abbondante parmigiano. La loro evidente 'nudità', per via dell'assenza dell'involucro di pasta all'uovo, ha fatto sì che, col passare del tempo, in gran parte dell'area fiorentina, fino alla Versilia, si diffondesse la semplice ed efficace denominazione gnudi (cioè nudi) con l'omissione dell'originario nome di ravioli. Là dove questi si chiamano gnudi, ovviamente quelli rivestiti di pasta e farciti sono i ravioli.
La forma degli gnudi però è sferica, non bislunga come quella dei ravioli artusiani. Il nome e la stessa ricetta artusiana dei ravioli hanno resistito e sono ancora in uso in alcune zone lungo la costa toscana fin quasi ad addentrarsi nel senese. La mia nonna maremmana, nata alla fine dell'Ottocento poco dopo l'anno di pubblicazione dell'opera di Artusi La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, li chiamava proprio ravioli o anche malfatti. Agli attuali ravioli di pasta farcita, invece, lei dava il nome di tortelli, tuttora in uso in Maremma e in quasi tutta la Toscana, oltre che in qualche zona dell'Emilia e della Lombardia. Diverso è il ripieno dei tortelli del Mugello, farciti di patate, e quello dei tordelli lucchesi (proprio con la d), farciti di carne e verdura.
Preparazioni simili ai ravioli artusiani sono gli gnocchi del Casentino (provincia di Arezzo), sferici come gli gnudi forentini, con molta farina e pecorino, che si servono sia asciutti che in brodo. Sono invece di forma allungata i malfatti lombardi di ricotta e spinaci, anch'essi con molta farina, e gli strangolapreti trentini, dove però non c'è ricotta ma pane raffermo.
Nell'Artusi, a questa ricetta dei «Ravioli» seguono i «Ravioli all'uso di Romagna», sempre 'nudi' e cilindrici, ma senza verdura. Terza ricetta artusiana dei ravioli sono i «Ravioli alla genovese», che così vengono presentati: «Questi, veramente, non si dorebbero chiamar ravioli, perché i veri ravioli non si fanno di carne e non si involgono nella sfoglia». E allora, carissimo Pellegrino, o sei tu che ti sbagli, oppure oggi tutto è cambiato! Ed ecco la ricetta (dall'edizione del 1923 appartenuta alla mia bisnonna).
INGREDIENTI E PREPARAZIONE
Aggiungo qualche mia nota di spiegazione alla ricetta dell'Artusi.
– Per bietole si devono intendere le bietole da foglia, non le biete da costa, ma potete sostituirle con gli spinaci.
– La farina non è fra gli ingredienti, ma ne avrete bisogno (circa 50 g, compresa quella della spianatoia) per dare un po' di consistenza all'impasto. Non fatelo però troppo duro. La bontà di questi ravioli è proprio la delicatezza.
– Mettete l'impasto in frigo per almeno tre ore. Sarà più facile creare il raviolo.
– Come spezie, oltre alla noce moscata che va nell'impasto, potete usare alla fine pepe e cannella da cospargere sui ravioli conditi.
Come
ho detto prima, il condimento più usuale è col burro, che si fa
insaporire in un pentolino con le foglie di salvia, prima di versarlo sui
ravioli. Di solito vengono cosparsi di parmigiano grattugiato. Ma non
mancano condimenti al pomodoro o al sugo di carne toscano. A me piacciono
molto arricchiti con una salsa al parmigiano, che potete preparare
così.
Salsa al parmigiano
300 g di latte
120 g di parmigiano
acqua
maizena
Grattugiate il parmigiano. Portate a ebollizione il latte. Frullatelo insieme al parmigiano per 3 minuti alla massima velocità. Passate il composto al colino fine. Trasferite in un pentolino a fuoco minimo e fate addensare con l'aggiunta di un po' di maizena sciolta in mezzo bicchierino di acqua.
N.B. Nove anni fa pubblicai un'altra ricetta di ravioli o malfatti in questo blog. Potete trovarli qui: http://acquacottaf.blogspot.com/2012/09/gnudi-ravioli-malfatti-strangolapreti-o.html.
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