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Torta mantovana (ma toscana!) di Pellegrino Artusi

Dolce da credenza autunnale è il tema scelto da L'Italia nel piatto per il mese di settembre. Purtroppo non ho potuto preparare un nuovo dolce per questa occasione, ma ho pensato di rimediare ripubblicando un post del 21 aprile 2013 (link qui) intitolato «Torta mantovana», la torta che vedete in foto, cambiando però leggermente il titolo e aggiungendo qualche precisazione.

Al titolo del vecchio post ho aggiunto «di Pellegrino Artusi», perché questo dolce non è affatto la «torta mantovana» senz'altra specificazione che attualmente viene prodotta da un'industria dolciaria di Prato, alta e soffice, ottenuta con l'introduzione di un agente lievitante per dolci nell'impasto, che invece non è presente nella ricetta dell'Artusi. Questa è una torta, senza lievito, bassa e croccante. In entrambe sono presenti le mandorle e in quella artusiana eventualmente anche i pinoli. Più avanti spiegherò come questa torta sia nata dalle mie mani per caso; solo dopo averla fatta, nel 2013, scoprii che una torta simile era nel volume dell'Artusi La scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene e si chiamava mantovana.

Altra precisazione sul nuovo titolo riguarda «mantovana (ma toscana!)». Perché una torta toscana si definisce mantovana? Pare che Isabella d'Este, marchesa di Mantova, vissuta a cavallo tra '400 e '500, nota per il suo mecenatismo, appassionata collezionista d'arte, grande viaggiatrice ed esperta di cucina rinascimentale, durante un viaggio per Roma abbia sostato a Firenze presso la corte dei Medici. Qui, per ricambiare l'ospitalità ricevuta, avrebbe donato la ricetta di una torta, che poi da Firenze si sarebbe diffusa nel resto della Toscana con il nome di mantovana in onore della marchesa Isabella. A pensarci bene, io ho assaggiato per la prima volta questa torta non a Firenze, ma a circa 200 km di distanza, nella maremma grossetana, che, non dimentichiamolo, subì l'influenza dei Medici fin dal '400, con effetti benefici e duraturi sulla cultura, l'economia e lo sviluppo agricolo.

Prima di passare alla ricetta, vale la pena spendere qualche parola sui dolci da credenza. Sono quelle torte che non hanno bisogno di essere conservate in frigorifero, in quanto prive di farciture deperibili come panna, creme e frutta fresca. Ma perché «da credenza»? Perché un tempo, quando in tutte le cucine o nel salotto 'buono' era presente una credenza o per lo meno il tipico 'mettitutto' anni '50 e '60, le torte di questo tipo facevano bella mostra di sé sui piatti di servizio appoggiati sul ripiano, pronte all'uso per la colazione, la merenda e il dopo cena, ma anche disponibili in qualsiasi ora del giorno, nel caso capitasse un ospite improvviso da deliziare con una fetta di torta casalinga, magari accompagnata da un vino dolce, un liquore, un tè, un caffè o un bicchiere di latte.

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RICETTA E COMMENTO
del 21 aprile 2013

INGREDIENTI

Farina 170 g
Zucchero 170 g
Burro 150 g
Mandorle (e/o pinoli) 50 max 100 g (dipende quanto si vuole alta la crosta)
1 uovo intero
4 tuorli di uovo
Scorza grattugiata di 1 limone

PREPARAZIONE

– Accendere il forno a 180° C.
– Lavorare in una ciotola il burro ammorbidito con lo zucchero fino ad ottenere una crema morbida.
– Aggiungere farina setacciata, uova e scorza di limone e lavorare bene per amalgamare gli ingredienti.
– Disporre il composto in una teglia di 24 cm (eventualmente aiutandosi con le mani bagnate) e ricoprirlo di mandorle (e/o pinoli) in parte tritate e in parte a filetti o scaglie, premendole bene*.
– Cuocere in forno a 180° C per 45 minuti. Se la superficie fosse già troppo colorita dopo mezz'ora, coprite la teglia con un foglio di alluminio. 

*Idea: Con un po' di mandorle (e/o pinoli) tritate ‘ripulite’ il recipiente dove avete lavorato l'impasto e mettete anche queste ‘briciole’ sul composto.

Mentre la torta stava cuocendo, sentivo un profumo familiare, ma non riuscivo assolutamente a ricordare il quando e il dove. Poi l'assaggio della prima fetta: e allora ho capito.

È andata così. Qualche tempo fa trovai in un libro di cucina fiorentina una torta pinolata; non avendo i pinoli, li sostituii con le mandorle, senza sapere di aver fatto in realtà una sorta di torta mantovana, la torta mantovana dell'Artusi, che non ha molto a che fare con Mantova, perché questa versione è assai diffusa in Toscana. E che sia la cosiddetta torta mantovana l'ho scoperto stamani, aprendo il volumetto dell'Artusi appartenuto a mia nonna. C'è qualche piccola variante nella lavorazione, è vero, ma gli ingredienti sono gli stessi. Nella foto vedete le pagine di questa edizione ridotta della Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene risalente al 1923. Il numero 442 attribuito qui alla ricetta diventerà poi il 557 nell'edizione completa.


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Concludo con i link ad una serie di dolci italiani da credenza.

Liguria. Torta con i pinoli (torta de pigneu)
Lombardia. La miascia comasca torta di pane e frutta 
Trentino-Alto Adige. Crostata di mele
Friuli Venezia Giulia. Ciambella al cioccolato, pere e cannella 
Veneto. Torta di mele speziata
Emilia-Romagna. La torta spisigona di Gragnano
Umbria. Pizza dolce di granturco con mele e uvetta
Lazio. La barachìa di Genazzano
Abruzzo. Sbriciolata di fichi e noci, con farina di Saragolla
Molise. Crostata con confettura di prugne e farina di mais Agostinello
Campania. Ciambellone con gocce di cioccolato e liquore limoncello
Puglia. Rosata di mandorle
Basilicata. Pastatelle venosine
Calabria. Sbriciolata di zia Maria alle pesche di Magisano
Sicilia. Torta di mandorle
Sardegna. Torta di patate alla sarda 

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Commenti

  1. Ciao Gio, ben trovata! Ottima questa torta, semplice, ma davvero profumata e gustosa :)

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  2. Molto interessante la storia di questa torta, si impara sempre qualcosa!
    E che buona deve essere...amo queste consistenze noi dolci.
    Complimenti!
    Un abbraccio

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  3. Molto interessante questo post Giovanna e certamente deliziosa la tua torta!
    Baci,
    Mary

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