Il parco delle Cascine è un 'polmone verde' per Firenze, è vero, ma niente di paragonabile al bosco di Argenteuil. Meglio allora pensare ai boschi o alla campagna toscana. In queste terre così aspre e spesso selvagge, tanto amate, domate, seminate e curate dall'uomo, la primavera esplode con un'abbondanza di specie vegetali, con un campionario di colori e di sfumature di verde, con un senso della gioia, della bellezza, dell'armonia, con quella forza sensuale che forse ha trovato la sua massima rappresentazione nella celebre "Primavera" del Botticelli.
Nessuna ricetta fiorentina riesce a esprimere, secondo me, il gusto della primizia primaverile: le zuppe invernali sono eccellenti, non c'è dubbio, ma in primavera che fare? Meglio un giro nei dintorni. Ed ecco che a Lucca e nella Garfagnana riscopro la garmugia, così strana nel nome, ma così semplice di fatto, una zuppa che in quei luoghi è in auge fin dal XVII secolo, ma resta sconosciuta nel resto della Toscana.
È come una scampagnata: puoi farla solo a primavera. Occorrono i carciofi appena nati, le favette giovani (i baccelli toscani), le punte d'asparagi, i piselli da sgusciare e i cipollotti freschi. E poi c'è quella nota che ne tradisce l'origine non popolare, ma nobiliare, la carne: macinato di vitello e rigatino. È un piatto che è sempre stato considerato adatto a chi deve rimettersi in forze: come scrisse nel secolo scorso la marchesa Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa nel suo libro "Pranzi e conviti", è «una zuppa da servire a chi esce da una lunga malattia o a chi debba affrontare un lungo viaggio». Con il suo cocktail di verdure e carni, è un concentrato di vitamine e proteine senz'altro più potente del famoso brodo della puerpera. Scrisse anche Mario Tobino: «una ricetta seicentesca (e quindi un po' barocca) che si dava ai convalescenti per rimetterli in salute».
È come una scampagnata: puoi farla solo a primavera. Occorrono i carciofi appena nati, le favette giovani (i baccelli toscani), le punte d'asparagi, i piselli da sgusciare e i cipollotti freschi. E poi c'è quella nota che ne tradisce l'origine non popolare, ma nobiliare, la carne: macinato di vitello e rigatino. È un piatto che è sempre stato considerato adatto a chi deve rimettersi in forze: come scrisse nel secolo scorso la marchesa Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa nel suo libro "Pranzi e conviti", è «una zuppa da servire a chi esce da una lunga malattia o a chi debba affrontare un lungo viaggio». Con il suo cocktail di verdure e carni, è un concentrato di vitamine e proteine senz'altro più potente del famoso brodo della puerpera. Scrisse anche Mario Tobino: «una ricetta seicentesca (e quindi un po' barocca) che si dava ai convalescenti per rimetterli in salute».
È minestra o zuppa? Dipende. Senza pane è minestra, con il pane è zuppa, ma, mi raccomando, niente fette di pane in fondo alla scodella, solo dadini tostati e messi in superficie: anche questa è una caratteristica della garmugia, quasi volesse nobilmente distinguersi dalle innumerevoli zuppe di pane toscane. La garmugia è così, una zuppa sui generis. Accettiamola per quello che è, senza chiederci altro. Del nome discuterò più avanti. Ora procediamo con la preparazione.
INGREDIENTI
3 cipollotti
100 g di carne di vitello macinata
50 g di rigatino toscano (o pancetta)
2 carciofi morelli
250 g circa di piselli da sgusciare = 100 g di piselli sgranati
250 g circa di fave fresche (in Toscana sono i baccelli) = 60 g di fave sgranate
20 asparagi non troppo grossi
1 litro di acqua
4 cucchiai di olio e.v.o.
Sale q.b.
2 fette di pane toscano (non salato)
PREPARAZIONE
Rosolare nell'olio i cipollotti a fettine e il rigatino tritato.
Appena i cipollotti sono rosolati, unire la carne macinata e dopo alcuni minuti le verdure. I carciofi devono essere puliti e tagliati a spicchietti di circa 1 cm, le fave e i piselli sgusciati, gli asparagi privati della parte legnosa e divisi in due parti: le punte intere e lo stelo a rondelle.
Salate, fate insaporire 5 minuti, poi versate l'acqua un po' per volta, perché forse non sarà necessaria tutta. Per la cottura occorreranno dai 20 ai 30 minuti, a seconda della tenerezza delle verdure.
Tostate il pane tagliato a dadi e disponetelo sopra la garmugia.
Variante (nella foto): non ho messo il rigatino all'inizio, ma l'ho rosolato a parte e messo così croccante sulla garmugia insieme al pane. Un po' di pane l'ho sbriciolato, come si vede, ma si potrebbe mettere in alternativa pecorino grattugiato.
Qualcuno si sarà chiesto che cosa vuol dire garmugia. Non saprei. Si sente dire anche gramugia, garmucia, perfino marmugia, che fa venire in mente il cognome Marmugi (molto diffuso da queste parti, forse da connettere con il marmo delle Apuane), tutte parole con accento sulla u. Pare che siano da far risalire a un antico termine germiglio o germoglio; ma qui non ci sono germogli. O sarà il caso di pensare a parole come gramola, gramolare, gramolata, nel senso di granita, come il milanese gremolà (gremolada), il trito di prezzemolo, aglio e scorza di limone da aggiungere agli ossibuchi? In effetti nella garmugia o gramugia si trovano carciofi, asparagi, vitello e pancetta spezzettati; piselli e fave sono in grani.
Aggiornamento dell'ultim'ora: potevo evitare una ricerchina in Google Libri? No, non è da me. In un ricettario del 1638 di Antonio Frugoli, lucchese, trovo nominata la garmugia non specificatamente come zuppa o minestra, ma come un tipo di cottura di alcuni volatili, il beccafico di lago e le pizzaccare (cioè le beccacce), insieme a vino, mosto cotto e aceto. A questo punto, c'è da brancolare nel buio più di prima!
Secondo aggiornamento: in un dizionario lucchese del 1902, a cura di Idelfonso Nieri, si trova la voce «Guarmugia. Pietanza di piselli ed altri legumi conditi e cotti in umido». E guarmugia è anche la scarabogia, cioè la gorgiera, quel collare di stoffa pieghettata o increspata che faceva parte dell'abbigliamento nei secoli XVI-XVII. Sarà stata l'increspatura della superficie di questa zuppa a suggerirne il nome? Saranno state le pieghe dei carciofi?
In effetti, se andiamo a cercare guarmugia in Google libri, troviamo vari risultati (alcuni con anteprima disponibile, per fortuna), a partire dal 1631 (prima edizione del libro del Frugoli), dai quali si deduce che più tipi di carni (coniglio, lepre, capriolo, porco selvatico o ruffalotto) potevano essere stufati in guarmugia e che questa guarmugia poteva essere costituita da cavoli cappucci o frutta come prugne e visciole. A questo punto l'etimologia comincia a farsi un po' più chiara. Come per moltissime parole italiane che iniziano per gu- seguito da vocale, dobbiamo orientarci verso nord. Le voci germaniche che iniziano per w + vocale (in gotico o longobardo, per esempio) in italiano hanno dato gu- + vocale (come Guglielmo, ted. Wilhelm, oppure guancia, ted. Wange). Nel caso di guarmugia vengono in mente il tedesco warm, che significa caldo, e Wärmung, riscaldamento. Mi fermo qui, sperando che siate tutti d'accordo con l'idea di una zuppa calda decorata dalle sue belle increspature, come un collare del '600.
Lasciati da parte siti e dizionari, guardiamo invece come arriva la primavera in cucina regione per regione.
Valle d'Aosta: Risotto al burro e fiori di rosmarino
http://www.atuttopepe.ifood.it/2015/04/risotto-al-bur…sta-nel-piatto.html
Piemonte: non partecipa
Trentino-Alto Adige: non partecipa
Friuli-Venezia Giulia: Asparago bianco del Friuli Venezia Giulia
Veneto: non partecipa
Lombardia: non partecipa
Liguria: L'asparago violetto d'Albenga e una ricetta con le uova http://arbanelladibasilico.blogspot.com/2015/04/litalia-nel-piatto-ricette-e-prodotti.html
Emilia Romagna: Gli agretti con le uova
Toscana: Garmugia
Marche: non partecipa
Umbria: Umbricelli con sugo di asparagi selvatici http://www.dueamicheincucina.ifood.it/2015/04/umbricelli-al-…ragi-selvatici.html
Abruzzo: Il Carciofo di Cupello
http://ilmondodibetty.it/il-carciofo-di…lia-nel-piatto.html
Molise: Piselli casce e ova
Lazio: Carciofi alla romana
Campania: non partecipa
Basilicata: non partecipa
Puglia: Piselli e carciofi ripieni
Calabria: Hfavi e buhjularu
Sicilia: non partecipa
Sardegna: non partecipa
Il nostro blog - http://litalianelpiatto.blogspot.it/
ottima proposta! Sai che quella canzone veniva spesso cantata da mia madre in primavera...che ricordi!
RispondiEliminal'aspetto primaverile è evidentissimo!
Anch'io conosco quella canzone, è famosa, tanto che in una delle mie visite a Firenze ho passato un pomeriggio intero al parco delle Cascine. Peccato non aver assaggiato questo piatto estremamente invitante. Ciao alla prossima
RispondiEliminaAnch'io conosco quella canzone, è famosa, tanto che in una delle mie visite a Firenze ho passato un pomeriggio intero al parco delle Cascine. Peccato non aver assaggiato questo piatto estremamente invitante. Ciao alla prossima
RispondiEliminaero davvero curiosa di conoscere questo piatto dal nome così strano...ed eccolo con tutti i profumi e sapori tipici della primavera! bel post Giovanna!
RispondiEliminaun abbraccio
Un piatto molto gustoso !
RispondiEliminaUn piatto che racchiude la primavera e un post che rivela quanta passione e curiosità ci sia dietro la tua cucina.
RispondiEliminaCome sempre resto ammirata.
Buona domenica
Loredana
un piatto completo con tante belle verdurine di primavera.
RispondiEliminaGrazie per i vostri commenti!
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