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Visualizzazione dei post da marzo, 2015

Pappa del carbonaio

INGREDIENTI per 4 persone (4 'carbonaie') 300 g di pane al carbone vecchio di 2 giorni 1 confezione (580 ml) di filetti di pomodoro (al basilico, Mediterranea Belfiore) 350 g di nervetti bovini (70%) e testina di vitello (30%) cotti (confezionati nella loro gelatina) Mostarda di Cremona (8 ciliegie) 1 litro di brodo vegetale 1 mazzo di ortica 4 aglietti freschi con le radici 2 rametti di basilico 8 cucchiai di olio e.v.o. 1 bicchiere di olio di semi di arachidi Sale fino Pepe nero PREPARAZIONE – Lavare gli aglietti, tagliarne le radici e lasciarle a bagno in acqua. – Tritare la parte bianca di due aglietti e rosolarla in 6 cucchiai di olio insieme ai rametti del basilico privati delle foglie. – Unire il pane al carbone, tagliato a fette sottili e spezzettato, salare, pepare e far insaporire qualche minuto. – Aggiungere i filetti di pomodoro tritati (privati della buccia) insieme a 4 foglie di basilico spezzettate e cuocere circa 10

Monte Sinai

INGREDIENTI 150 g di fecola di patate 150 g di farina di mandorle (o di mandorle pelate e polverizzate con 50 g di zucchero presi dai 200 g) 200 g di zucchero 3 uova grandi 150 g di burro fuso e freddo Scorza di un limone grattugiato 1 cucchiaino di lievito per dolci 1 cucchiaio di miele o marmellata di arance Zucchero a velo PREPARAZIONE – Accendete il forno a 180°. Montate a lungo zucchero e tuorli fino a ottenere una crema fluida. – Unite la scorza di limone, il burro, la fecola setacciata con il lievito, la farina di mandorle. Amalgamate bene. – Montate a neve gli albumi e aggiungerteli delicatamente al composto. – Disponetelo in tre teglie di grandezza digradante (io ho usato anelli di tre diametri, 16, 11 e 7 cm) o, se preferite, in un'unica teglia di 24 cm di diametro. – Cuocete in forno a 180° C per 30/40 minuti. – Sfornate e lasciate raffreddare su una gratella. Tagliate il 'cocuzzolo' delle due torte più grandi e sovrapponet

Pici del carbonaio

INGREDIENTI Per i PICI 210 g di farina di grano tenero 150 g di semola rimacinata di grano duro 180 ml di acqua tiepida 1 g di carbone vegetale 1 cucchiaino di semi di anice 1 presa di sale 1 cucchiaio di olio e.v.o. Per il SUGO 1 piccione 60 g di rametti di ortica 1 pera (possibilmente la picciòla dell’Amiata) 4 foglie di salvia 1 spicchio di aglio 1/2 bicchiere di aceto di mele e lamponi 4 cipolline fresche 1 presa di sale Olio e.v.o. q.b. 1 cucchiaino di amido di mais 1 cucchiaino di pepe rosa 40 g di panpepato senese PREPARAZIONE – Fate una fontana con le farine, impastate e lavorate tutti gli ingredienti per 15 minuti, fino a ottenere un panetto che lascerete riposare mezz’ora coperto con una ciotola. – Nel frattempo togliete le radici alle cipolle, lavatele bene sotto l'acqua corrente per togliere ogni residuo di terra e mettetele a bagno in acqua. – Tagliate invece le cipolle in fettine sottili e fatele imb

Berlingozzo fiorentino e pratese

Torte rustiche dolci, dolci da credenza: questo è l’argomento di oggi del l’Italia nel piatto . Quale scegliere per la Toscana? Ho sentito il bisogno di cominciare a chiudere un debito in sospeso da un mese e mezzo: in un post del 2 febbraio , parlando dei berlingozzi di Vinci, feci notare le differenze con quelli di varie località della Toscana molto vicine. Il berlingozzo di Vinci è quasi piatto e monoporzione, quello di Lamporecchio è alto al massimo 2 o 3 cm, quello di Firenze e Prato (e credo anche Pistoia) è come un ciambellone, può arrivare fino a 8 cm. È proprio al tipo fiorentino (Prato era una volta in provincia di Firenze) che dedico oggi questo post. Ovviamente, al cambiare dell’altezza, cambia anche il tipo d’impasto. Ciò che non cambia è il significato; si chiama berlingozzo, come già ho spiegato in quel post, da un antico verbo berlingare, cioè « ciarlare, cinguettare, avendo ben pieno il ventre, ed essendo ben riscaldato dal vino», come dice

Seppie in zimino

“Pesce, molluschi, crostacei”, questo è il tema dell’uscita odierna dei blogger del l’Italia nel piatto . Per la Toscana, ho scelto un piatto adatto all’inverno e alle mezze stagioni, perché, dovendo essere servito molto caldo,  sarebbe inadeguato  alla calura estiva. Credo di avere assaggiato le seppie in zimino per la prima volta quando mi trasferii a Firenze per frequentare l’università. Era uno dei piatti della domenica, che mi concedevo il lusso di gustare in una trattoria tipica, in compagnia di amici, per interrompere la routine della mensa o degli spuntini veloci al bar. Sono certa che la mia attrazione verso le seppie in zimino è sempre stata causata non solo dalla fusione terra-mare, ma anche dal mistero dell’espressione “in zimino”, che, fra l’altro, non era mai uguale a se stessa: c’era chi diceva seppie in zimino, chi a zimino, chi all’inzimino, chi inzimino di seppie… per non dire del “semin de seppie” di qualche ligure di passaggio. In effetti u