Dove trovare
l’aglione? Il 5 maggio scorso ho scritto questa domanda nel campo ‘oggetto’ della prima mail che ho inviato alla segreteria
del sito www.aglione.it; da quel giorno fino alla fine del mese una decina di mail si sono susseguite con lo stesso oggetto che ogni volta automaticamente si
ripeteva, anche se, ormai, grazie alla gentilezza della persona che mi rispondeva, ero sulla retta via per trovare l'aglione; nel frattempo un’altra domanda, non scritta, mi si ripresentava ogni volta: non sembrerò una rompiballe? Con tutte queste curiosità, queste
richieste...
All'inizio di maggio mi sono posta il problema
‘aglione’ perché il gruppo Facebook «L’Italia nel piatto», di cui faccio parte
in rappresentanza della Toscana, aveva deciso come tema del mese di giugno «L’Italia
in... pasta». Ho appena fatto in tempo a immaginare dei pici all’aglione, conditi e impiattati, pronti per la foto, quando mi son detta: sì, ma l’aglione dove lo trovo? Devo proprio andare a prenderlo in Val di Chiana? Non lo venderà qualcuno a Firenze?
Nata e cresciuta fino a vent’anni in Maremma, so bene da tempo ‘immemorabile’ – forse fin da piccola, dato che nonno Nello era emigrato a Grosseto da Castiglion Fiorentino – che l’aglione non è
l’aglio e che ‘pici all’aglione’ non vuol dire pici con tanto aglio, come tanti
credono. Eppure nelle ricette reperibili in libri e in internet (e purtroppo
anche in molti ristoranti, perfino toscani), l’aglione è solo nel nome del
piatto, mentre nel piatto c'è l'aglio: uno o due spicchi d’aglio a testa. A
questo punto, chissà quanti avranno pensato di lasciar perdere questi pici, visto che l’aglio,
proprio, non lo digeriscono; un aglio grosso poi... Niente di più sbagliato:
pesantezza, indigeribilità, sono inversamente proporzionali alla grandezza
dell’aglione; una testa di aglione pesa circa mezzo chilo a completa
maturazione, mentre una testa d’aglio dai 20 ai 150 grammi. Non contiene alliina,
perciò si può davvero definire un aglio ‘al bacio’.
Aglio e aglione a confronto |
Basta visitare il sito
dell’aglione per rendersi conto della differenza. Questo Allium ampeloprasum Holmense è un gigante in tutto: nel fiore,
nelle foglie, nel bulbo, nel singolo spicchio.
Per saperne di più non mi sono fatta scappare una conferenza che la segreteria del sito mi ha consigliato. Speranzosa di vedere finalmente l’aglione, il 18 maggio alle 12 sono andata all’Orto Botanico «Giardino dei Semplici» di Firenze, munita di carta, penna e smartphone per le foto, tutte cose rivelatesi superflue a posteriori, perché a distanza di qualche giorno il sito ha inserito il link con le slides e tutto il testo della conferenza «Aglione di Valdichiana: chi era costui? Una orticola salvata dall’oblio», egregiamente presentata da Carlo Citterio e Niccolò Terzaroli. Vale la pena andare a leggerla e gustarla (cliccare qui). Foto stupende, testo chiarissimo, da cui traspare un amore infinito per il recupero di una pianta che fino a quattro anni fa era a rischio di sopravvivenza.
Queste invece sono due delle mie foto improvvisate, per niente stupende!
Ho ascoltato con piacere il primo dei due relatori (un ex dirigente pubblicitario trasferitosi in Val di Chiana) raccontare come è nato e come si è sviluppato il progetto ‘aglione’, a partire da una sorta di «caccia al tesoro» delle pochissime coltivazioni in orto per uso familiare ancora in atto, fino alla semina in campo di un maggior numero di piante ogni anno, ben 9000 nell'autunno scorso.
Il secondo relatore, autore di una tesi sulla caratterizzazione genetica dell’aglione, finalizzata alla classificazione botanica, alla denominazione di origine e alla creazione di un disciplinare, ha parlato di argomenti un po’ complessi per i non addetti ai lavori, ma le slides hanno aiutato nella comprensione. Ecco altre due foto.
Spicchio di aglione e di aglio |
Per saperne di più non mi sono fatta scappare una conferenza che la segreteria del sito mi ha consigliato. Speranzosa di vedere finalmente l’aglione, il 18 maggio alle 12 sono andata all’Orto Botanico «Giardino dei Semplici» di Firenze, munita di carta, penna e smartphone per le foto, tutte cose rivelatesi superflue a posteriori, perché a distanza di qualche giorno il sito ha inserito il link con le slides e tutto il testo della conferenza «Aglione di Valdichiana: chi era costui? Una orticola salvata dall’oblio», egregiamente presentata da Carlo Citterio e Niccolò Terzaroli. Vale la pena andare a leggerla e gustarla (cliccare qui). Foto stupende, testo chiarissimo, da cui traspare un amore infinito per il recupero di una pianta che fino a quattro anni fa era a rischio di sopravvivenza.
Queste invece sono due delle mie foto improvvisate, per niente stupende!
Ho ascoltato con piacere il primo dei due relatori (un ex dirigente pubblicitario trasferitosi in Val di Chiana) raccontare come è nato e come si è sviluppato il progetto ‘aglione’, a partire da una sorta di «caccia al tesoro» delle pochissime coltivazioni in orto per uso familiare ancora in atto, fino alla semina in campo di un maggior numero di piante ogni anno, ben 9000 nell'autunno scorso.
Il secondo relatore, autore di una tesi sulla caratterizzazione genetica dell’aglione, finalizzata alla classificazione botanica, alla denominazione di origine e alla creazione di un disciplinare, ha parlato di argomenti un po’ complessi per i non addetti ai lavori, ma le slides hanno aiutato nella comprensione. Ecco altre due foto.
Finita la conferenza, mi
complimento con i relatori, non senza raccontare che sono in attesa di una consegna di aglione da parte della segreteria del sito www.aglione.it. Ritorno al mio lavoro, delusa per non avere ancora visto dal vivo un esemplare di aglione, ma affascinata dalla
competenza e dalla gentilezza dei relatori.
Nel frattempo proseguono le mail
con la segreteria. Ci accordiamo per il ritiro il 29 maggio, invece poi salta
tutto, devo rimandare a giovedì 1° giugno, tardi, tardissimo per me, perché la ricetta
dei pici all’aglione deve uscire nel blog il 2 giugno alle 10 del mattino.
Ovvio che dovrò alzarmi la mattina presto per fare i pici, il sugo, le foto e
terminare il post.
Giovedì, uscita dal lavoro,
parto per L’Amorosa, località nei pressi di Sinalunga (SI). È lì che, mi hanno detto, troverò cinque aglioni,
estirpati appositamente per me, anzitempo, da un produttore; infatti la maturazione
sarà completa solo dopo la metà di giugno. Avevo dato un’occhiata su Google Maps e poi
sul sito della Locanda dell’Amorosa e mi ero resa conto conto che questa non è affatto una
locanda, ma un Hotel 4 stelle, anzi un intero borgo ristrutturato, direi rinato
a nuova vita, con ristorante, osteria wine bar, camere, cantine, piscina,
perfino chiesa, guardate qui che meraviglia. Ma la scoperta che proprio non mi aspettavo è stato l’orto e un
enorme campo coltivato ad aglione. Altra scoperta è stata una guida
d’eccezione, che poi dirò.
Il viaggio, nonostante i 100 km o
poco più, si rivela disatroso, in mezzo al traffico dei vacanzieri per un
‘ponte’ di tre giorni; per di più il navigatore mi fa uscire dall’A1 allo
svincolo precedente quello dovuto, causa incidente. Senza incontrare neanche
un’auto, inizio un tour in mezzo alla campagna, reso piacevolissimo da
improvvise zone d’ombra sotto una vegetazione più fitta.
Ma una zona d’ombra è in agguato anche nel navigatore; a un certo punto mi si dice che sono arrivata: è solo un fienile o poco più. Vado avanti, trovo una casa di campagna un po’ più consistente e mi fermo per chiedere. Sembra che non ci sia nessuno, invece dallo starnazzare delle galline capisco che c’è qualcuno a ‘governarle’ nel pollaio. Al mio «Buongiorno!» una signora sospende il suo lavoro, esce subito e mi dà tutte le spiegazioni, ripetendomele per ben tre volte, in un toscano che definirei ‘in purezza’, senza gli eccessi del fiorentino, dell’aretino e del senese, mitigato forse dalla vicinanza col perugino: non posso sbagliare. Pochi chilometri, un’altra richiesta d’informazioni giusto per sicurezza, ed eccola l’Amorosa, di nome e di fatto, occhieggiare fra i cipressi dalla cima di un poggio.
Ma una zona d’ombra è in agguato anche nel navigatore; a un certo punto mi si dice che sono arrivata: è solo un fienile o poco più. Vado avanti, trovo una casa di campagna un po’ più consistente e mi fermo per chiedere. Sembra che non ci sia nessuno, invece dallo starnazzare delle galline capisco che c’è qualcuno a ‘governarle’ nel pollaio. Al mio «Buongiorno!» una signora sospende il suo lavoro, esce subito e mi dà tutte le spiegazioni, ripetendomele per ben tre volte, in un toscano che definirei ‘in purezza’, senza gli eccessi del fiorentino, dell’aretino e del senese, mitigato forse dalla vicinanza col perugino: non posso sbagliare. Pochi chilometri, un’altra richiesta d’informazioni giusto per sicurezza, ed eccola l’Amorosa, di nome e di fatto, occhieggiare fra i cipressi dalla cima di un poggio.
Non mi aspettavo quel paradiso. Scorci
di una natura in tutto il suo rigoglio primaverile, particolari architettonici
sapientemente conservati senza stravolgere il sapore del tempo, fiori e arbusti
decorativi che valorizzano l’ambiente con macchie di colore a contrasto con il rossiccio dei mattoni, il verde dell’erba e l’azzurro del cielo, esaltando i giochi di pieni e vuoti, di
piccolo e grande, di aspro e dolce.
Vien voglia di rimanere lì e non ripartire più. Sarebbe il posto ideale per trascorrerci il resto della mia vita, visto che la data del pensionamento si avvicina. Ma, va be’, lasciamo stare questi sogni e andiamo avanti.
Entro nell’Osteria Wine Bar e
chiedo della signora Sandra Meglio che dovrebbe consegnarmi l’aglione. Ma ormai è tardi, la
signora è andata via; viene avvertito per citofono il signor Carlo, perché
vuole conoscermi (così dice la ragazza all’ingresso). Carlo? – dico tra me – non si
chiamava così il signore che ha tenuto la conferenza? Forse vuole salutarmi, più che conoscermi. Sì, sì, eccolo che sta
arrivando, è proprio lui. Come ho detto prima, una guida d’eccezione, perché –
questo mi era sfuggito durante la mia rapida incursione in internet – è proprio lui
che, ereditato il borgo del 1300 L’Amorosa, l’ha fatto ristrutturare e ne ha
creato questo meraviglioso resort.
Fra le sue mani, il tesoro per me: la
scatola con i cinque aglioni. Venti minuti, il tempo che mi trattengo lì –
troppo poco, peccato –, passano in fretta, fra le istruzioni su come conservare
ed eventualmente moltiplicare l’aglione, la visita all’orto e la visione da lontano del
campo di aglione, non senza un’occhiata ai balconi fioriti, alla piscina, al cancello
settecentesco.
Carlo Citterio, gentilissimo, accompagnandomi all’auto, mi parla del suo progetto di un ‘disciplinare’ per l’aglione e mi invita a partecipare a una riunione il prossimo autunno. Ed io che farò? L’aglione rimarrà un bel ricordo legato all’Amorosa o diventerà un interesse (oltre che una pianta) da coltivare? Chissà... sono così lunatica. Cento ne penso e una ne faccio.
L'aglione nell'orto della Locanda L'Amorosa. In lontananza, il campo di aglione |
Carlo Citterio, gentilissimo, accompagnandomi all’auto, mi parla del suo progetto di un ‘disciplinare’ per l’aglione e mi invita a partecipare a una riunione il prossimo autunno. Ed io che farò? L’aglione rimarrà un bel ricordo legato all’Amorosa o diventerà un interesse (oltre che una pianta) da coltivare? Chissà... sono così lunatica. Cento ne penso e una ne faccio.
Concludo questo post con i miei ringraziamenti
alla segreteria del sito www.aglione.it, alla signora Sandra Meglio, che mi
dispiace non aver conosciuto, e al signor Carlo Citterio. In realtà dovrei dire il conte Carlo, perché solo ora sono venuta a sapere, dal resoconto di due ospiti (letto qui), che l’artefice di questo incantevole progetto ha un titolo nobiliare.
Tuttavia mi piace pensare che una citazione come questa, dal poeta e saggista britannico Abraham Cowley (1618-1667), sarebbe gradita al conte Citterio: «Possiamo parlare come vogliamo di gigli e leoni rampanti e spargere aquile in campi d’oro e d’argento; ma se l’araldica fosse guidata dalla ragione, un aratro in un campo da coltivare sarebbe lo stemma più nobile e antico» (A. Cowley, The Works, II, Several Discourses by way of Essays, in Verse and Prose, IV. Of Agriculture, London 1710, p. 709).
Tuttavia mi piace pensare che una citazione come questa, dal poeta e saggista britannico Abraham Cowley (1618-1667), sarebbe gradita al conte Citterio: «Possiamo parlare come vogliamo di gigli e leoni rampanti e spargere aquile in campi d’oro e d’argento; ma se l’araldica fosse guidata dalla ragione, un aratro in un campo da coltivare sarebbe lo stemma più nobile e antico» (A. Cowley, The Works, II, Several Discourses by way of Essays, in Verse and Prose, IV. Of Agriculture, London 1710, p. 709).
Ecco gli aglioni a confronto con due spicchi di aglio (a destra), appena giunti dall'Amorosa a Firenze sul mio terrazzo. Ormai il sole stava tramontando, come si vede dalla luce |
Da qualche tempo mi sono ritrovata a coltivare questo aglio pensando che fosse solo un po'più grande dell'aglio comune. Grazie al vostro post ho capito che si tratta di aglione;Quest'anno ne ho coltivato circa 3000, il prossimo anno conto di coltivarne almeno 12'000. Ho bisogno però di maggiori informazioni da parte vostra. Attendo con ansia una vostra risposta.
RispondiEliminaGentile Sig.ra Albertina, non sono io la 'coltivatrice', sono solo un'utilizzatrice, per ora. Dovrebbe rivolgersi alla segreteria del sito www.aglione.it, cioè scrivere una mail a info@aglione.it. Sono gentilissimi e molto competenti, le daranno tutte le informazioni che vuole. Intanto rimango con la curiosità di sapere come e dove ha iniziato la coltivazione, cioè dove ha trovato i primi esemplari. Buona giornata!
RispondiEliminaGentile Giovanna,la ringrazio per avermi risposto. Io abito in Sardegna e con mio marito siamo agricoltori. Questo aglio mi è stato regalato da un amico ma non so di preciso come lui l'abbia ottenuto. Quando ho visto i bulbi me ne sono subito innamorata e solo ora che l'ho visto su internet ho capito l'importanza di questa meraviglia. La ringrazio ancora, proverò a mettermi in contatto con aglione.it. Buona serata.
RispondiEliminaGentile Giovanna,la ringrazio per avermi risposto. Io abito in Sardegna e con mio marito siamo agricoltori. Questo aglio mi è stato regalato da un amico ma non so di preciso come lui l'abbia ottenuto. Quando ho visto i bulbi me ne sono subito innamorata e solo ora che l'ho visto su internet ho capito l'importanza di questa meraviglia. La ringrazio ancora, proverò a mettermi in contatto con aglione.it. Buona serata.
RispondiEliminaCara Albertina chissà che questo aglione non abbia... attraversato il mare. Mi fa piacere aver dato questo piccolo contributo con il mio articolo. Sicuramente qualcuno sarà interessato ad esaminare uno dei suoi esemplari, per esempio il dott. Niccolò Terzaroli che s'interessa della caratterizzazione genetica dell'aglione.
RispondiEliminaCara Giovanna,lei crede davvero che qualcuno possa prendere in considerazione il mio aglio al punto di volerlo esaminare per scoprire di che cosa si tratta realmente? Io ne sarei immensamente felice. Dunque lei mi consiglia di mettermi in contatto con il dottor Terzaroli? Secondo lei posso contattarlo scrivendo un' e-mail su info@aglione.it? Scusi se la sto assillando e la ringrazio per la disponibilità.
RispondiEliminaBuonasera signora Albertina, mi scuso ma ho visto solo ora il suo commento. Sono il dr.Terzaroli e mi farebbe molto piacere dare almeno un'occhiata al suo "aglio", un saluto
RispondiEliminaPerché questa specialità non si trova in commercio in altre parti d'Italia? Io,da calabrese,non ho mai mangiato la 'ndughia che si produce solo a Spilinga,paesino dell'entroterra di Tropea, ma questo salume oggi è una prelibatezza mondiale. Questi piccoli gioielli dovrebbero avere maggiore diffusione.
RispondiEliminaPerché solo 7 Comuni possono fregiarsdel DOP (ancora non operativo per la farabuttaggine dei suddetti)
Elimina