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L'acquacotta di Ultimo


Ultimo era un buttero maremmano ed era ultimo di nome e di fatto, deriso ogni giorno dai suoi compagni di lavoro per via del suo aspetto goffo, della sua lentezza nei movimenti e del suo immancabile arrivare 'dopo i fochi', quasi non riuscisse a liberarsi dal marchio di un nome che i genitori gli avevano imposto soltanto perché ritenevano ormai più che sufficiente quella cospicua serie di figli che avevano messo al mondo.
Narra una leggenda che questo ridicolo ometto era divenuto, nelle macchie di Capalbio, il bersaglio preferito dei suoi compagni. Che buttero poteva essere lui quando cercava di montare quegli enormi cavalli maremmani? O quando inciampava per aprire i robusti cancelli dei mandrioli? Non parliamo poi del lazo, con cui non sarebbe riuscito a prendere neanche una docile mucca: stava sempre appeso alla sua sella come semplice ornamento.
Il suo pasto di mezzogiorno era un altro motivo di scherno: nella pignatta non aveva che pane e acqua. È chiaro che anche sua moglie non si curava molto di lui: mai che gli mettesse nella bisaccia una salsiccia, un fiasco di vino o per lo meno una cipolla. «Ultimo, quante salsicce oggi?», «Ultimo, per Dio quanto mangi…»: ogni giorno battute del genere e giù a ridere.
Ma una mattina trovò nella sua bisaccia una cipolla. Che fare? Mangiarla cruda? No, pensò Ultimo, meglio se l'affetto e la metto a cuocere nell'acqua. A quel punto vide accanto a sé dei bei ciuffi di cicoria selvatica e buttò dentro anche quella; alla fine tagliò a fette il pane e lo mise nella pignatta. I butteri si accorsero subito di un buon profumo di cucina e increduli si avvicinarono: «Ma che mangi, oggi, Ultimo?». Lui disse la prima cosa che gli venne in mente: «Acqua e acquacotta». Sì, perché, per la prima volta, nella solita acqua, aveva cotto qualcosa. I compagni, dopo aver assaggiato l'acquacotta di Ultimo, rimasero stupiti della bontà di quella zuppetta e da quel giorno non lo presero più in giro: come buttero era scarso, ma come cuoco… mica male.  

Questa leggenda si trova in forma scritta solo da pochi anni: era una tradizione locale che si tramandava per generazioni e forse non l'avrei mai conosciuta se non avessi avuto l'occasione di leggere un libro acquistato in un supermercato di Grosseto: Cento leggende di Maremma, Edizioni Effigi, Arcidosso (GR), 2007. Ho riassunto brevemente e rielaborato le due paginette (pp. 192-193) che hanno per titolo Come è nata l'acquacotta, e che risultano trascritte, come tante altre, da Iride Rossi Micheli (una maestra elementare scomparsa quattro anni fa), sulla base di tradizioni orali.

Ma veniamo a questa acquacotta di Ultimo. La presenza della cicoria è indicativa di un influsso della maremma laziale. Anche oggi nella Tuscia si usa la cicoria come verdura per l'acquacotta, invece che le bietole come in certe zone della maremma toscana. Il piatto però nell'alto Lazio si arricchisce di patate, pomodori, nepitella, aglio, peperoncino e perfino baccalà. Ovviamente non manca l'olio extravergine di oliva.

Io ho cercato di rimanere abbastanza fedele all'acquacotta leggendaria di Ultimo, aggiungendovi solo l'olio, l'aglio, il pecorino e l'uovo, che in molte località è un'alternativa al baccalà. Mi rendo conto che i tipi di acquacotta sono tanti: forse sarebbe stato meglio chiamare il mio blog "Acquecotte e fantasia". Chissà che un giorno non mi decida a cambiargli nome. La preparazione dell'acquacotta di Ultimo è semplicissima. Procediamo.

INGREDIENTI per 4 persone
1 kg di cicoria
2 grosse cipolle rosse
2 spicchi di aglio
Acqua o brodo vegetale
Olio e.v.o q.b.
4 uova 
8 fette di pane raffermo
40 g di formaggio pecorino
Sale q.b.
Pepe (opzionale) q.b.


PREPARAZIONE
In una larga pignatta di terracotta far imbiondire nell'olio la cipolla affettata non troppo finemente e l'aglio. Unire la cicoria spezzettata*, farla insaporire, poi aggiungere acqua e sale, oppure brodo vegetale sufficiente. Quando la cicoria è cotta, togliere l'aglio, cuocere un uovo a persona nella minestra e condirlo con sale ed eventualmente pepe. Servire nei piatti l'acquacotta insieme a fette di pane toscano tostato. Dopo che il pane ha assorbito il liquido, aggiungere altro liquido e disporre al centro l'uovo e il pecorino grattugiato.

* Se la cicoria non è giovane, è possibile che sia amara. Perciò sarebbe bene sbollentarla a parte per qualche minuto e poi strizzarla. Ma per evitare questo passaggio, si possono semplicemente aggiungere durante la cottura due patate, che assorbiranno l'amaro della cicoria.

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