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Biscotti di Prato


Come sempre, nel mese di dicembre, LItalia nel piatto propone un tema che si ispira a quella che in Italia è la festività del mese, il Natale. Questanno è la volta di Dolcetti e biscotti preziosi. Per la Toscana propongo dei biscotti che sono il vanto di una città famosa non solo per i suoi tessuti, ma anche per i suoi biscotti.

Non chiamateli cantucci, questi sono i biscotti di Prato. Non è per campanilismo che viene fatta la distinzione. In realtà esistono anche i cantucci pratesi, ma c’è differenza fra cantucci e biscotti alle mandorle (vedi qui). I cantucci o cantuccini toscani sono (ed hanno) un’altra storia, ma soprattutto un’altra ricetta: nascono senza mandorle al tempo dei Medici (XVI secolo) e in origine sono una sorta di pane tagliato a fette e biscottato, fatto con un impasto aromatizzato all’anice, lievitato col lievito del pane; rinascono nel secolo scorso e diventano IGP nel 2016, arricchiti di mandorle, miele e con dimensioni (non oltre 10 cm) e spessore (non oltre 2,8 cm) fissati da un disciplinare; diffusi in varie province toscane, ammettono burro e lievito, oltre ai doverosi farina, uova e zucchero. Ma si possono trovare cantucci non IGP con altra frutta secca e cioccolato.


La ricetta del biscotto di Prato è più basica: niente lievito, niente grassi; solo farina di grano, uova, zucchero, pinoli, mandorle (eventualmente arricchita con vaniglia e scorza di limone). È protetta da un disciplinare di produzione condiviso da 12 aziende; perciò avrei dovuto chiamare i miei biscotti non tanto “biscotti di Prato”, quanto “biscotti tipo Prato”, come si vede scritto da certi fornai o pasticcieri non di Prato, ma per esempio di Firenze, che non appartengono al Consorzio di Tutela e Valorizzazione del Biscotto di Prato e perciò non possono chiamare biscotto di Prato il loro prodotto.

Già nel XVI secolo i biscotti alla mandorla o “bischottelli” figurano nel menu di cene medicee con specificazione di questi ingredienti: zucchero, uova, mandorle sgusciate, farina e sale. Due secoli dopo compare una ricetta più accurata: è quella del pratese Amadio Baldanzi, vissuto tra il 1705 e il 1789, canonico, medico ed erudito, il quale (forse nel 1779) scrisse la ricetta di certi Biscotti alla genovese: Farina libbre 2, zucchero libbre 1, burro once 8, ova 8, mandorle sbucciate libbre 1.

Attualmente c’è chi si rifà alla ricetta del Baldanzi, aggiungendo non solo burro, ma anche lievito (e allora son cantucci!); e c’è invece chi preferisce il classico Biscotto di Prato, senza burro e lievito. Il capostipite di questi ‘tradizionalisti’ della ricetta basica del Biscotto di Prato è stato Antonio Mattei, il quale avviò in Prato il suo Biscottificio (che tuttora ne porta il nome) il 29 settembre 1858. Da allora in poi, fu tutto un susseguirsi di premi e medaglie alle varie Esposizioni nazionali e internazionali per i suoi biscotti o biscottini di Prato basici, ma anche per i suoi cantucci ed altre prelibatezze. Lo stesso Artusi ne celebra le grandi doti.

Alla morte del Mattei l'attività passò di mano in mano e con essa ovviamente la ricetta dei famosi biscottini. Attualmente siamo alla terza generazione della famiglia Pandolfini che tuttavia non ha cambiato il nome al Biscottificio Mattei. La produzione non si limita più alle quattro originarie ricette del Mattei (cantucci all’anice, biscotti di Prato, biscotti della salute e una torta, la mantovana), che in pratica sono quelle citate dall’Artusi, ma si è ampliata via via con gli apporti dei vari pasticcieri che si sono succeduti, per esempio con i Bruttiboni e col filone candito.

Ho tratto queste notizie da un libro a cura di C. Bartolozzi e N. Bastogi, I biscotti di Prato, Claudio Martini editore (collana Antiche Tradizioni Toscane), Prato 2014. È uno splendido volume con altrettanto splendide foto, che ho avuto in omaggio per la partecipazione al concorso “Biscotto d’autore” organizzato da “Vetrina Toscana” e la suddetta casa editrice, concorso che prevedeva la rielaborazione del biscotto di Prato (vedi qui la mia ricetta). In questo libro ho trovato la ricetta originale di Franco Ferrantini (pasticciere e presidente onorario del Consorzio Pasticceri Pratesi), che trascrivo.

INGREDIENTI

Kg 1 farina
g 900 zucchero semolato
g 500 mandorle
g 100 pinoli della Versilia
6 uova intere e 6 rossi d’uovo (g 450)
Scorza di limone grattugiata
Baccello di vaniglia

PREPARAZIONE

Fare un cerchio di farina.
Inserire lo zucchero nel centro della farina.
Aggiungere la scorza di limone e vaniglia, poi le uova.
A questo punto si lavorano i prodotti interni al cerchio, senza farina.
Inserire pinoli e mandorle.
Impastare il tutto con la farina.
L’impasto deve essere morbido.
Si fanno dei filoncini di 4/5 cm di larghezza (da cuocere!) abbastanza tondeggianti.
Mettere in una teglia, poi spennellare con un uovo sbattuto.
Cuocere in forno a 210 gradi per circa 15 minuti.
Circa 20 minuti dopo l’uscita dal forno si tagliano a fette.
Non devono essere né troppo caldi né troppo freddi.

Da precisare che le mandorle sono non tostate, non pelate e non spezzate.
La seconda volta che li ho fatti ho montato a lungo uova intere e tuorli: mi sono piaciuti di più!
Ho poi cotto in forno i filoncini per quasi 30 minuti a 175° C, perché la prima volta non erano abbastanza cotti all’interno.

Come si vede anche dalla foto, ho ridotto tutti gli ingredienti a 1/3, ottenendo 3 filoncini che, una volta affettati, sono diventati in totale 60 biscotti.







In questa ricetta i biscotti non sono bis-cotti (al contrario dei cantucci), cioè, una volta affettati, non vengono rimessi in forno per asciugarsi. Il metodo di una sola cottura è quello che preferisco. Di solito i cantucci e i biscotti tipo Prato confezionati non sono friabili come quelli dei sacchetti azzurri del Mattei, ma sono duri ‘come sassate’, in pratica mangiabili solo se inzuppati. Forse quelli duri vengono biscottati troppo perché si conservino più a lungo. In effetti è per questo che è nata la seconda cottura, se è vero che questo era una sorta di prezioso viatico per il pellegrino o per chiunque dovesse portarsi dietro provviste. 



Questi biscotti non bis-cotti migliorano col tempo: si conservano bene in una scatola di latta. Potete tenerli anche due giorni in un sacchetto di carta. Il terzo giorno sono ancora più buoni, essendosi 'asciugati'. Si possono inzuppare o accompagnare con Vin Santo o con quello che si preferisce: cioccolata in tazza, latte, crema al mascarpone, caffè, tè, ecc. Insomma, una goduria!

 

Fra le ricette di dolcetti e biscotti regionali che troverete nei link qui sotto, ne vedrete altre due che consistono in biscotti tagliati da un filoncino: sono i tozzetti dell’Umbria e del Lazio. In altre zone d'Italia esistono biscotti simili, anche se qui non presenti. Cambiano i nomi, cambiano gli ingredienti, ma non cambia la tecnica. Tagliati da filoncini sono gli anicini della Liguria, i baicoli del Veneto, le sbreghe del Friuli Venezia Giulia, gli straccadenti, i cinquedieci e i biscotti all'anice delle Marche, i pepatelli del Molise, i morselletti cilentani della Campania, i torroncini, i quaresimali e i marzapani salentini della Puglia, i marzelletti (di Soriano), i pastett chi minngh, i biscotti cu i mmenduli (mandorle) e i durci de’ ziti (fidanzati) della Calabria, le strozze della Basilicata, i pipareddi, piparelli e quaresimali della Sicilia, gli anicini al vermouth della Sardegna. Già, e ora che mi viene in mente, ci sono anicini o anacini anche in Toscana, molto vicini agli originari cantucci senza mandorle. Chissà che prima o poi non riesca a provarli tutti! Intanto guardate i preziosi dolcetti e biscotti di ogni tipo provenienti da tutta Italia.

Valle d’Aosta: Baci di dama
Piemonte: Margherite di Stresa
Liguria: Canestrelli di Arenzano
Lombardia: Le Offelle di Parona
Trentino-Alto Adige: Rumkugeln
Veneto: I pevarini, biscotti al pepe
Friuli-Venezia Giulia: Esse di Raveo
Emilia Romagna: Zuccherini bolognesi
Marche: Beccute, i biscotti marchigiani alla farina di mais
Umbria: Tozzetti allo zafferano umbro
Lazio: Tozzetti viterbesi con cioccolato e nocciole
Abruzzo: Mostaccioli abruzzesi
Molise: Ceppelliate di Trivento
Campania: Biscotti amarena
Puglia: Le intorchiate
Basilicata: I ficculi taralli dolci all’anice
Calabria: I mastazzoli
Sicilia: Reginelle Siciliane, i biscotti al sesamo
Sardegna: Pastissus

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Commenti

  1. Ma speciali davvero cara Gio, e comunque sono pronta con il Vin Santo! Bacioni buone feste :)

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  2. Tutti questi biscotti che sto scoprendo in giro per i blog de L'Italia nel piatto sono favolosi! Sia per le loro storie che per il loro aspetto :)

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  3. ma che buoni con un bel bicchiere di vin santo !!! complimenti

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  4. Non sapevo della differenza tra cantucci e biscotti di Prato, c'è sempre da imparare. comunque li vorrei provare tutti e due.
    Buona domenica

    Miria

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  5. quell'elenco finale mette una gran voglia di fare. Non sapevo la differenza tra cantucci e biscotti di Prato e nemmeno dei Consorzi, che tutelano il prodotto, davvero interessante! Un abbraccio!

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  6. Un post molto interessante, ricco di informazioni utili e poi che dire di questi biscottini? Adorabili ^_^
    Un bacio

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  7. Questa me la segno. Non conoscevo la differenza tra cantucci e biscotti di Prato. Questi mi piacciono tanto per la presenza di pinoli e mandorle.

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  8. In ogni tua ricetta c'è sempre il tuo cuore, la tua anima e la tua immensa conoscenza. Ne rimango sempre affascinata! Un abbraccio cara Giovanna

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  9. Sempre interessanti e dettagliati i tuoi post! Deliziosi i tuoi biscotti...e mi sa che preferisco anch'io il metodo di una sola cottura!
    Un abbraccio

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